Se tornasse Roberto Antiochia… Vergogne e memorie

 

Ieri sera e anche oggi ho provato un desiderio assurdo, quasi
pazzo. Ho desiderato che tornasse in questo mondo, anche per un giorno solo,
Roberto Antiochia, l’agente di polizia che fece da scorta volontaria al
commissario Ninni Cassarà nella Palermo rovente dell’estate ’85, e che per
questo fu ucciso con il suo commissario. Aveva ventitré anni, come ripeteva
nelle scuole sua madre, la grandissima Saveria Antiochia. Ho desiderato che
tornasse su questo mondo per insegnare l’onore della divisa a chi ha applaudito
senza pudore i poliziotti che hanno ucciso Federico Aldrovandi. Inutile che
quell’onore glielo spieghi il capo della polizia o il presidente della
Repubblica, che farebbe bene a pretendere sanzioni esemplari per qualche
caporione, lui che può. No. Deve essere uno di loro, nel senso di uno che ha
vissuto gli stessi ambienti, le stesse auto scassate, le stesse armi, le stesse
autoradio, le stesse buste paga. E che faccia sentire la distanza abissale che
c’è tra il vero, grande poliziotto e l’arruffapopolo che non sa nemmeno di
essere al servizio (proprio così: al servizio) di una Costituzione fondata su
alcuni principi sacri. Chi non vuole servire la Costituzione non metta la
divisa, che è una cosa seria. Purtroppo questi anni di antistatalismo e di
antilegalitarismo sfrenato hanno prodotto guasti immensi. Proprio dentro lo
Stato. Dove si è fatta strada la convinzione che la forza possa essere usata non per impedire
la violenza dei violenti, ma per soddisfare impunemente istinti di
sopraffazione personali. Omertà: è terribile che la cultura dell’antistato alberghi
anche dentro lo Stato. E’ un discorso lungo, ma aiuta a capire la strada che
occorre percorrere se si vuole sconfiggere la mafia.
A proposito di mafia: oggi cade l’anniversario dell’assassinio di Pio La Torre,
gigante della legge che ha istituito il reato di associazione mafiosa, nonché
il sequestro e la confisca dei beni. E cade anche l’anniversario della partenza
per Palermo del prefetto dalla Chiesa, scaraventato in poche ore in Sicilia a
tenere in piedi lo Stato che l’avrebbe abbandonato. Ne ho parlato stamattina a
Trecasali, in provincia di Parma, agli allievi di terza media della scuola “Carlo
Alberto dalla Chiesa”, istruiti da una bravissima professoressa catanese (questi
insegnanti siciliani! Sono loro, in fondo, il vero anticorpo nazionale contro
la mafia, la nemesi della storia).
Aggiungo per la soddisfazione degli amici blogghisti che la presentazione all’Ostello
Bello del “Manifesto dell’Antimafia” è andata benissimo, strapiena di giovani,
e che il libro è già andato in ristampa dopo nemmeno un mese (notizia da Einaudi).
Infine: questa storia che B. venga presentato da giornali radio e da
telegiornali come uno che fa “volontariato” e che andrà “ad aiutare gli anziani”
supera ogni immaginazione. Ce lo trasformeranno in un benefattore. Intanto sento
già chi dice che quest’anno non pagherà le tasse. E perché mai dovrebbe farlo se
la sanzione per l’evasione di milioni di euro sono quattro ore alla settimana
(!!!) ad aiutare gli anziani? Già, amici: perché pagare le tasse se queste sono
le sanzioni dello Stato? Ah, saperlo…

 

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