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Scajola ed Expo. Dell’Utri e Caselli. E Goffredo Fofi su Totò Riina
Amici, che terremoto. Uno non sa più da che parte prendere
le cose per commentarle. Un ministro dell’interno arrestato e accusato di
mafia, e poi ci chiediamo perché non riusciamo a sconfiggerla, maledizione. Un
manager di vertice di Expo che promette qualunque appalto in cambio di carriera
per sé (vi rimando all’articolo qui a lato), e poi ci chiediamo perché la ‘ndrangheta
possa trovare spazi per inserirsi. Datemi retta, e date retta al mio “Manifesto”:
la vera forza della mafia sta fuori della mafia. E che dire, ripensandoci, del linciaggio
subito per anni da Gian Carlo Caselli per avere osato chiedere il rinvio a
giudizio di Marcello Dell’Utri? Faceva spendere soldi inutili allo Stato per
fare un processo politico, no? Ecco, ora l’imputato è stato condannato in
Cassazione, ma a Caselli non chiede scusa nessuno. Piacerebbe un po’ di onestà.
[A proposito: ho letto in questi giorni che Peppino Impastato oggi sarebbe
stato con i no Tav; è possibile, ma bisognerebbe spiegare, viste le ambiguità
del termine, con quali no Tav; certo
non quelli che urlano e scrivono “Caselli boia”, visto che proprio grazie a
Caselli Peppino ebbe giustizia dopo più di vent’anni…] Piacerebbe un po’ di onestà, dicevo. Ce n’è stata poca nella presentazione di
un libro fatta al Salone di Torino, quest’anno malinconicamente disertato da
tante piccole case editrici costrette alla chiusura. Parlo della presentazione
del volumetto di Chiarelettere contro don Ciotti, callidamente travestito da
romanzo “in cui chiunque si può riconoscere”, “anche don Gallo”, come si è
detto nell’ameno consesso organizzato per l’occasione. Oltre all’autore c’era
anche Goffredo Fofi. Che ha risfoderato la retorica che paragona il “romanzo”, per
inquietudine e tormento, all’opera di Dostoevskij, Tolstoi o Shakespeare. Bum!
Basta che una fesseria la dica uno e la ripetono tutti. “Ma mi faccia il
piacere” avrebbe detto più prosaicamente (e sensatamente) Totò, magari con
aggiunta di chilometrica pernacchia. E’ seguito attacco alla legalità, a
dimostrazione che ai residuati bellici della rivoluzione dopo quarant’anni danno
ancora fastidio tutti quelli che la chiedono, la legalità, siano poliziotti o insegnanti o preti
o familiari di vittime. E infatti è arrivato subito il capolavoro: “E poi
diciamolo, la Fiat è peggio di Totò Riina, scegliamo bene gli avversari”. La
biondina era andata a sentire ed è ovviamente trasalita. Ma quelli di
Chiarelettere le hanno detto che era nervosa e che “Signora, lei non capisce”.
E’ rimasta di stucco, ma io le ho ricordato che proprio questo fu il mio punto
di partenza nella sinistra nel 1982 (fatta naturalmente eccezione per i La
Torre, gli Impastato ecc). Ce n’é traccia anche nel bellissimo libro scritto da
Claudio Fava e Miki Gambino, “Prima che la notte” (Baldini & Castoldi), che
presenterò domani alla Feltrinelli di Corso Buenos Aires a Milano. Miki ricorda
il segretario sussiegoso di Dp a Catania. Stesse frasi. Di strada se ne è
fatta, per fortuna, nonostante Fofi e le presentazioni di Chiarelettere. Però
vedete: di qua c’è Scajola, con Matacena, o l’Expo dei carrieristi; di là Fofi,
che gigioneggia con il sangue delle vittime, e una casa editrice che non si fa
scrupolo di andare all’assalto del primo simbolo dell’antimafia sociale (ma è
un “romanzo”…). Capito dove sta la loro forza?
Nando
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