Rosso di sera…E il prof ritrovato dall’ allievo tonto

Ancora Stromboli, sissignori. Quando si dialoga con l’isola amata deve pure uscirne uno straccio di narrazione per gli amici. Vi dirò dunque che ieri notte (parlo della notte tra il 20 e il 21) il cielo si tingeva di rosso in ogni direzione. Fulmini poderosi e da paura che saettavano sul mare illuminandolo verso la Calabria, da una parte. Dall’altro getti di fuoco liberati dal vulcano verso l’alto che arrossavano il cielo. E botti sordi, robusti, che ogni volta dovevi decifrare donde arrivassero. E la risacca sugli scogli, che faceva da sottofondo notturno. Quando si mette così, è un insieme livido di bagliori e di nero senza stelle, che non fa mai paura. Perchè per qualche misteriosa ragione chi arriva qui amandolo è convinto che il vulcano non gli farà del male. Se ne fida come di un amico. Anzi, di un benefattore.
Quest’anno non vado verso il porto, evito la folla più delle altre estati. Difendo con più esigenza i miei silenzi. E’ venuta a trovarci Gabriella, nostra amica carissima, moglie di Maurizio (De Luca) che non c’è più. E altri amici ancora, tra cui primeggia Laura, ottima avvocato di cause femminili a Milano. E ho pure scoperto il piacere di un locale-giardinetto con raffinata musica jazz: pensate, un posto dove ci si parla e ci si sente, in estate, in una località rinomata, senza alzare la voce di un decibel; roba da non crederci. Amo Stromboli anche per questo. Perché non è caciarona e perché nessuna persona che abbia un certo status ci tiene a far sapere in pubblico che mestiere fa e chi conosce, magari urlandolo al telefonino.
Intanto, come vi ho detto, sto mettendo il quarto strato di sottolineature della mia vita sui Quaderni gramsciani. Uno strato (il più giovanile) fu in rosso e blu, uno strato fu in pennarello verde, uno in matita sottile, questo è in matita grezza. E i fogli iniziano a sfasciarsi, poverini. Però ho avuto una splendida sorpresa. Dovete sapere che al Parini di Milano avevamo un professore di storia e filosofia che prendevamo sempre in giro (io più di altri). Passeggiava tra i banchi mentre spiegava, incapace di tenere la classe. Un giorno gli misi la mia penna nella tasca mentre passava accanto al banco, poi gli denunciai che mi avevano rubato la penna. Lui si rivolse subito alla classe: "restituite la penna a dalla Chiesa, è vero" (chiudeva sempre con "è vero"). Quando ripassò gli feci: "Professore, ma la penna è nella sua tasca!". Il poveretto non sapeva giustificarsi, era imbarazzatissimo: "Ma come è possibile, è vero". E tutti a ridere, come quella volta che sparii dalla classe mettendomi sul davanzale dietro la tenda a prendere il sole. "Dov’è finito dalla Chiesa, è vero"…Eccetera. Si chiamava Siro Contri, e non godette mai di un particolare prestigio tra i suoi allievi. Ebbene, l’altro ieri l’ho trovato citato con rispetto da Gramsci per una sua polemica dottrinaria con padre Gemelli, il fondatore dell’Università Cattolica. Insomma, già trent’anni prima di imbattersi nei suoi allievi più tonti (quorum ego), il poveretto era in grado di finire sui "Quaderni"…Poveri Prof… Meno male che c’è Stromboli…

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