Seduto a quel caffé…Vuoti di pensiero e modi di fare

 

E così siamo entrati nel 29 settembre, la data incantata di “seduto
a quel caffè…”. Che è, meno nostalgicamente, anche la data di nascita di B.
Stasera Matteo Renzi era da Fazio. L’ho saputo quando ero già a tavola con
degli amici. E non ho sentito alcun bisogno di accendere la tivù o di chiedere
che cosa si fossero detti. Leggo i rimproveri dei vescovi (che non dettano
legge ma hanno libertà di opinione), quelli di Scalfari e di De Bortoli (idem)
dalla “Repubblica” di oggi e dal “Corriere” di alcuni giorni fa. O quelli di
Della Valle (riidem). Condivido. Anch’io ho la sensazione di non avere di
fronte né idee né progetti. Il guaio è che per essere comunicatori grandi
bisogna avere cose grandi da comunicare: pensieri o fatti. E né i pensieri né i
fatti sono titoli o slogan. Per questo non mi interessa sentire. Mi interrogo
sul perché questo paese non riesca a essere esigente con chi comanda. Anarchico
e perfino marrano verso i politici, strisciante verso il politico monarca.
Mi interrogo su certi comportamenti ricorrenti. Vado a Libera di Bergamo a riflettere
sui passaggi critici della storia dell’associazione, e sulla sua natura attuale
(sciopero dei treni, naturalmente). Un’assemblea piuttosto piena e attenta. In
fondo c’è uno in giacca e cravatta che legge il giornale. Penso che abbia
qualche notizia importante da trovare, è comprensibile. Invece legge tutto il
giornale e poi passa al secondo. Avendo una certa esperienza di usi e costumi,
chiedo se sia un sindacalista. No, ma è un funzionario di un’associazione
nazionale, di cui per pietà tacerò qui il nome. Ecco, questo è un problema di
cui non si discute mai: perché i funzionari di partito, di sindacato e di associazione,
ossia il cuore partecipativo del paese, pagati
per partecipare, sono gli unici che programmaticamente alle riunioni non
stanno a sentire gli altri? Perché non partire da qui per capire la loro
incapacità di parlare ai cittadini? Non ascolti, dunque non parli, anche se
apri la bocca.

Oppure ai “Dialoghi di Trani”, belli e raffinati. Non so se fossero mille le
persone che assistevano al confronto sull’antimafia. So che tu puoi dire le
cose più nuove, quelle su cui ti stai spendendo, anche osando un pochino. Ma c’è
sempre qualcuno per il quale è tutto acqua fresca se non parli di trattativa e
di processo Dell’Utri. Ah, allora sì che si entra nel cuore del problema e non
ci si gira intorno. Ricordo quando alla Camera del Lavoro di Milano tirai fuori,
rompendo le convenzioni cittadine, la presenza delle imprese di ‘ndrangheta intorno
ad Expo. Qualcuno capì e registrò subito, a futura memoria. Qualcuno invece
brontolò che avessi taciuto l’unica cosa davvero importante (“la trattativa,
parla della trattativa!”). L’antimafia ridotta a denuncia (sacrosanta) del
passato, mai trasformata in lotta qui e ora. Ecco perché spesso si perde.
Comunque è il 29 settembre. E dunque godiamocelo. Rispolverate l’Equipe,
rimettete Battisti, che si diffonda la letizia, è pur sempre una data della mia
giovinezza…

 

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