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Francesca, Elena…Le sedicenni che ridisegnano Milano
Il Fatto Quotidiano, 1.3.15
Avviso a scettici e affini: a Milano cresce una leva di sedicenni che sa di
primavera. Ragazzine che si pongono problemi a cui gli adulti, compresi quelli
con responsabilità pubbliche, preferiscono sfuggire. Che escono dal bozzolo e si
gettano in battaglie apparentemente più grandi di loro. Piene di iniziativa,
scelgono, decidono, scrivono. Senza l’aiuto degli insegnanti trovano indirizzi
e cellulari altrui come segugi, danno nome e cognome e sciorinano progetti.
Belli, bellissimi.
Capita nelle scuole della periferia residenziale, ad esempio
al Vittorio Veneto, liceo scientifico vicino a piazzale Lotto. Qui la sedicenne
si chiama Francesca Iussi. Tenace, un piccolo e gentile mastino che non molla
la presa, Francesca decide che deve fare un’assemblea sulla mafia a Milano, che
deve farla entro il mese di febbraio, mese di cogestioni. E ci riesce. Francesca
è sicura di sé, si capisce che le insegnanti la stimano e che i compagni la
seguono. “Non si preoccupi, sarà un’assemblea seria, i perdigiorno li teniamo
fuori”. E’ sola alla cattedra. Con gli occhi che ridono ti fa trovare
proiettore e bottiglietta d’acqua come a volte non fanno associazioni o pubbliche
amministrazioni. Non ha esperienza, solo buon senso e cortesia. Dirige il
dibattito in scioltezza. Il giorno dopo manda una mail per dirti che cos’ha
capito. E ti rendi conto che non le è sfuggito nulla, nemmeno una sbavatura. D’ora
in poi vuole esserci anche lei, dice.
Ecco, quando vi chiedete incerti “io cosa
posso fare?”, pensate a Francesca, che praticamente da sola (anche se non lo
ammetterà mai) ha mobilitato un liceo. Che ha organizzato un incontro-lezione
per duecento compagni, tenendo lontani sghignazzi e telefonini. E che ora,
fatta la grande scelta, sta organizzando con insegnanti e compagni il viaggio
della sua scuola verso Bologna, per la classica giornata di Libera del 21 di
marzo.
Ma capita anche a cento passi dal Duomo, in un altro liceo scientifico (ormai sono
loro i mattatori…) come il Leonardo da Vinci, scuola della borghesia milanese e
che della gioventù cittadina ha rispecchiato di volta in volta slanci ideali, pelandronerie,
utopie generose. Qui ci sono alcuni amici, una dozzina. Giovanissimi,
splendidamente acerbi. Hanno fatto una lista studentesca e con genio creativo
l’hanno chiamata Listantanea, conquistando due rappresentanti nel consiglio di
istituto. Qui la sedicenne si chiama Elena Lissoni, è lei che ha preso
l’iniziativa di scrivere, di chiedere. Al suo fianco Michele Fossati,
diciottenne da maturità, ed Enis Chenchene, il più anziano del gruppo dall’alto
dei suoi diciannove. Tra due settimane terranno una due giorni di incontri
intitolati ScuolAperta. Raccontano di aver voglia di vivere la scuola “in
maniera più completa. Dopo una giornata di lezioni gli studenti potranno
fermarsi per mangiare insieme, fare sport e partecipare a incontri a tema”.
Fin qui, meritoria ma non eccezionale iniziativa. In realtà all’origine di
tutto sta una domanda da far tremare filosofi e scrittori, politici e poeti: per
cosa possiamo vivere?
Spiega dunque Elisa con la sua sciarpa multicolore: “Come ci è venuta in
mente questa domanda? Be’, è sorta
spontanea di fronte ai fatti tragici che stanno accadendo in questo momento nel
mondo. Abbiamo pensato alla Siria, abbiamo pensato alla Nigeria. Ma anche e
specialmente all’Italia: la mafia, la corruzione, la crisi economica. Sono fatti
che ci riguardano non solo perché toccano realtà più o meno vicine a noi, ma
perché sono vicende umane, di uomini che mettono in gioco la loro libertà,
anche se in modo innegabilmente diverso dal nostro. Come possiamo noi studenti,
italiani, europei, rispondere a questi fatti? Quali sono i valori che
consideriamo vitali? Insomma: per che cosa vale la pena vivere?”
Domande da filosofi, appunto, benché i tre abbiano soprattutto la passione della fisica (“ma ci sono anche i letterati”). Domande però anche da adolescenti vogliosi di dare un senso ai loro giorni e alle loro letture. Non è questione di politica. Michele ed Ennis ci tengono a chiarirlo. La loro lista non nasce da una affinità di idee politiche; anzi, sottolinea Ennis, “abbiamo idee politiche divergenti, davvero divergenti. Siamo solo studenti che hanno amore per la scuola”; “che per noi non è né un oggetto né un ambiente in cui si mettono cose che distraggono”, aggiunge Michele. In questo caso galeotto fu il teatro. “Siamo stati al Piccolo Teatro a vedere ‘E io dico no’, contro le mafie”, spiega Elisa, “e ci siamo interrogati sul senso di questa lotta, ci siamo chiesti perché si possa dedicare la propria vita a combattere per la causa dell’antimafia. Ma più in generale per tutte le grandi cause. Per questo abbiamo invitato come relatori persone che hanno trovato una loro risposta e una loro ‘battaglia’ quotidiana: ci racconteranno le proprie esperienze e l’attualità del loro impegno”.
Ecco. Francesca, Elisa e le altre. Nella Milano dove il denaro ha unificato culture e interessi, studentesse adolescenti reimmettono nella vita quotidiana le grandi domande e i grandi ideali che aiutano una società a non raggrinzirsi, a sapere ancora sognare. Non sarà tanto, ma ha il sapore di primavera.
Nando
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