Il signor onorevole Paolo Bambagioni. E la peste dei 360 gradi

 

Dunque, come aveva previsto il prestigioso
“Le Monde”, è arrivato il giovedì santo…Io però mi premuro di riservarvi le
cose buone e dolci per Pasqua. Per ora vi dirò un paio di cose cattivelle. La
prima riguarda l’onorevole o consigliere comunale o regionale Paolo Bambagioni.
Già, Bambagioni. Che, come avrete capito, non so nemmeno chi sia. Ho solo
capito dalle mail che mi spedisce che deve essere un politico toscano. Perché
mi scrive anche se non so chi sia? Questo dovreste chiederlo a lui, amici
blogghisti. Perché è lui che, per canali a me sconosciuti, ha trovato il mio
indirizzo di posta elettronica, mi ha inserito d’autorità nella sua mailing
list e mi massacra con notizie di cui non mi frega assolutamente niente. Su
quello che fa, sui convegni a cui va, e a cui comunque, da Milano, non
riuscirei ad andare nemmeno se mi interessassero. Ho chiesto garbatamente
(molto garbatamente, vi assicuro) di non scrivermi più. Già ci pensano l’onorevole
Colonnella da Ascoli e l’onorevole Burtone da Catania (che almeno conosco) a
tenermi nella loro mailing list per invitarmi ad Ascoli o a Catania. Anche
Bambagioni no, per favore. Ma l’onorevole (o consigliere) o chi per lui non se
ne è dato per inteso. Chiesta la pietà telematica, ha di nuovo infierito. Già
il giorno dopo, come per far capire chi comanda. E allora, in attesa di
rivolgermi al garante, mi difendo intanto da solo. E qui solennemente affermo
che se fossi in Toscana mai e poi mai, io, Nando dalla Chiesa fu Carlo Alberto,
voterei Bambagioni o candidati da lui segnalati. Perché in un politico cerco
prima di tutto il rispetto per i cittadini. E uno che ti entra nella mail di
prepotenza e ci resta a dispetto delle tue gentili richieste contrarie,
dimostra di non averne. Per cui, ecco, chiedetemelo pure: voteresti Bambagioni?
Risposta: no grazie.
Oh, ecco. La seconda deplorazione del giovedì santo (che è effettivamente
giunto come avevano previsto i migliori sondaggisti…) riguarda l’esercito in
continua espansione dei “360 gradi”. Non se ne può più, credetemi. E’ tutto a
360 gradi, e tutti agiscono a 360 gradi, e tutti si interrogano a 360 gradi, e
tutti studiano a 360 gradi. Il primo tesista che me lo dice lo faccio tornare
la settimana dopo, giusto il tempo di ripassarsi il vocabolario e farsi una
bella doccia liberatoria delle fesserie che ci si appiccicano addosso. Non si
dice più “ad ampio raggio”, “globalmente”, “interamente”, “in una logica
comparata”, “in tutte le sue implicazioni”, “in un orizzonte largo”. Né si usa il
più colto “con un approccio sistemico”, o il più ruvido “dalla a alla zeta”.
Nossignori: a trecentosessanta gradi, sempre e solo “a 360 gradi”, respirate la
mia cultura trigonometrica zotici che non siete altro. Poi ti rendi conto, fra
l’altro, che la cosa è stata studiata a 90 gradi o, quando c’è la massima
ampiezza di orizzonti, a 180 gradi. Aveva ragione Nanni Moretti: si parla male
quando si pensa male.
E, a proposito di linguaggio, vi dirò nel prossimo post di un caso di scuola
che mi è capitato nella scuola (appunto) di giornalismo della Statale di Milano.
Mantenete la vostra curiosità, perché ne vale la pena.
P.S. Qualcuno conosce una cooperativa disposta a comprare 500 copie del “Manifesto
dell’Antimafia”? E’ un libro utile assai, garantisco…
 

 

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