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Le maestrine delle fiabe e del codice blu. Ecco chi sfida Mafia Capitale
Il Fatto Quotidiano, 7.6.15
E a quel punto la giovane maestra
bionda è scoppiata a piangere. Davvero non c’è sceneggiatore o regista che
possa reggere il confronto con il caso, inesauribile inventore di metafore. Perché
proprio nel venerdì in cui uscivano lenzuolate di intercettazioni su Mafia
Capitale e ci arrivava addosso la grande abbuffata della corruzione romana, il
ministero della pubblica istruzione premiava le armate infantili e adolescenziali
dell’anticorruzione. Beffa o speranza? Di
là lo spettacolo del “mondo di mezzo” di qua le scolaresche vincitrici del
premio “Regoliamoci”, a cui hanno partecipato più di cinquecento scuole,
comprese quelle dell’infanzia.
Stesse ore, stessa città. Mentre si contavano gli arresti, in una delle grandi
sale del ministero si sono ritrovati bimbi con cappellino verde provenienti
dalla Puglia e bimbi con maglietta blu provenienti da Lariano, provincia di
Roma. E adolescenti vestiti nelle fogge più varie ma sempre rispettose del luogo,
uno addirittura in giacca. Tutti vincitori nelle tre categorie di prove previste
da Libera: “filo di memoria”, “radici nel futuro”, “riparte il futuro”. Ogni
scuola presentava il frutto delle sue fatiche contro la corruzione: uno spot,
un filmato, pensieri e disegnini, un racconto fotografico, spesso con colonne
musicali. Poi attendeva di sapere chi sarebbe stato il vincitore assoluto per
categoria. La scuola dell’infanzia San Giuseppe, di Piombino Dese, provincia di
Padova, allineava i suoi piccolissimi allievi sulle poltrone in prima fila, dove
alcuni di loro sognavano, visibilmente schiantati dalle fatiche del viaggio.
Finché è stato comunicato che il primo premio andava alla loro trilogia di
fiabe, alle loro “Storie di amicizie”.
E’ stato allora che la giovane maestra,
che fino a quel momento si era adoperata amorevolmente per tenere dritti i
dormienti e dar da bere agli assetati, è scoppiata a piangere per l’emozione. E
così pure, accanto a lei, la maestra bruna con gli occhiali: bambini abbiamo
vinto noi. Qualche libro, una targa e un attestato di carta con la firma del
ministro Giannini e di don Ciotti. Mica altro, ma è bastato loro per essere
felici, e poi buttarsi sugli sms a casa e a scuola per il meraviglioso
annuncio.
Ecco, immaginate ora di riprendere ogni scena come questa e
alternarla con le facce o le frasi del “mondo di mezzo”. “Voi come rapportate di solito…coi
consiglieri”…”Pranzi, tutto, qualunque cosa che a te va bene”. “Ma c’è il
guadagno, no? C’è la percentuale…Vabbe’, se me voi mette al cinque me va più
che bene”. Due Italie in lotta. Quella del “poi se s’apre uno spazio…dobbiamo
cerca’ de fa cose più solide” e quella impegnata quasi ancora in fasce, con le
sue maestre a mille, milleduecento euro al mese, a contrastare la cultura della
corruzione.
C’era di tutto nei prodotti dell’innocenza e dell’onestà. L’invettiva contro la
busta o la bustarella, la denuncia della raccomandazione. La critica delle mani
in pasta, ma anche quella delle “mani in tasca”, copyright don Milani. C’era
anche, in una favola deliziosa, l’appello più scandaloso di questi tempi:
quello rivolto al ladro a prendersi le sue responsabilità. Per questo nella
immaginazione dei piccoli il ladro ammetteva in autobus di avere rubato alla
signora e le restituiva i soldi, mentre lei rinunciava a denunciarlo alla
polizia “perché bisogna dare a tutti una seconda possibilità”. C’era l’inno
all’amicizia (“con gli amici siamo felici”), e pure il rammarico per un paese,
il nostro, incapace di valorizzare le risorse dei disabili. E gli esempi di
come si possa migliorare la società: ricucendo il telo squarciato, sostituendo
nel vaso la pianta appassita, ripulendo la mela marcia con il coltello, spalmando
calce sopra una crepa nel muro.
Hanno inventato anche il codice blu. Che cosa sia, lo ha spiegato Tommaso, un
bimbo con i capelli ricci e la maglietta, appunto, blu. “Sono un bambino di
cinque anni e ancora non capisco tanto dei problemi del mondo. Però vedo sempre
in televisione centinaia e centinaia di persone che fuggono, in barconi, dal
loro paese dove soffrono per guerre e ingiustizie. Ho sentito che lo chiamano
il viaggio della speranza ma poi tanti affondano e muoiono in quel mare che li doveva
rendere liberi”.
Tommaso legge con ritmo da grande attore. Chissà da dove
sgorgano originariamente quei pensieri. Da quale animo controcorrente. Fatto
sta che lui ci crede, continua con naturalezza, parla degli immigrati affondando
senza saperlo il coltello nelle piaghe della capitale: “A scuola mi hanno
spiegato che molte volte la colpa è di uomini cattivi, che si approfittano del
loro desiderio di cambiare vita.”. Non capisce i pregiudizi sul colore della
pelle di bambini come lui: “Il mio cuore batte come il loro, essi ridono e
piangono come faccio io”. La buona scuola c’è già, ma non è una notizia. Ha
prodotto il codice blu, una sua visione del Mediterraneo, ma non è una notizia.
Quando le insegnanti sanno che forse questa loro gioiosa fatica sarà raccontata
sul “Fatto”, di nuovo una maestra si commuove, di nuovo un cenno di pianto.
Nessun 5 per cento. Chiedono solo che un giorno qualcuno, in qualsiasi forma,
li ringrazi.
Nando
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