Bruno Contigiani. La rivolta della lentezza

Mariablu. Forse questo nome bellissimo, che
profuma di cielo e poesia, poteva fiorire solo qui. In mezzo a questo gruppo di
amici che in nome della lentezza si sono incontrati in punti diversi della loro
vita. “L’Arte del Vivere con Lentezza”: così si chiama la loro Onlus. A
fondarla, dieci anni fa, un artigiano, una pierre, un custode, un giornalista
televisivo, un operaio fresatore, un’infermiera. E poi Ella, una life coach, e Muna, sua figlia, allora
studentessa, che è la mamma di Mariablu. E alla loro testa un capo ufficio
stampa dell’Ibm, Bruno Contigiani.
In inizio fu uno scoglio. “Già” ride Contigiani “l’idea era nata nell’estate
del 1999, quando durante una vacanza fatta tutta di corsa mi sono tuffato
finendo su uno scoglio. Un volta guarito, ho incominciato a pensare con gli
amici di prima che stavo vivendo in modo sbagliato. E ci siamo resi conto che lo
pensavamo in tanti. Una vita senza pause, né tempo per gli affetti, i figli,
gli altri, sempre sospesa tra un low-cost e un 3×2. Bisognava cambiare”.
Contigiani aveva già più vite milanesi alle spalle. Bocconiano sessantottino, allenatore
di nuoto, insegnante, informatico, comunicatore. Ne ha iniziata un’altra. “Quando
rallenti ti accorgi di tante cose. E incontri tanti altri che già operano per
cambiare il mondo, andando controcorrente, partendo da se stessi. All’inizio
eravamo un po’ predicatori, con manifestazioni provocatorie come la Giornata
della Lentezza, talmente lenta che dura più di una settimana, l’anno venturo
sarà la decima edizione, da Milano a New York, da Tokyo a Shanghai a Londra, da
Parigi a Ziano Piacentino; o come ‘Leggevamo Quattro Libri al Bar’, promossa in
decine di città.
Poi la vita ci ha portato ovunque. Nelle campagne piacentine, dove stiamo. Ma
anche in India: Renato, il nostro socio artigiano, ha preso un anno sabbatico
ed è andato a insegnare falegnameria in un villaggio vicino a Delhi. Siamo a Jaipur,
dove abbiamo messo in piedi scuole di base in alcune baraccopoli della città.
Quest’anno una nostra allieva potrà entrare in una scuola statale per
infermiere. Un successo: bisogna vincere le difficoltà burocratiche, ma
soprattutto l’autoesclusione delle famiglie. Ad aprile è partita una scuolina,
anche per ragazze, in una bidonville a prevalenza musulmana.
Il mito del terzo mondo? Ma no. Da anni lavoriamo nel carcere di Pavia, dove
facciamo gruppi di lettura ad alta voce con i detenuti e scriviamo ‘Numero Zero’,
il mensile che esce nel settimanale della diocesi, ‘Il Ticino’. Da poco siamo
rientrati nel carcere di Piacenza, con un gruppo di lettura con i protetti (per
la maggior parte sex offenders).
Forse ripartiremo anche con le donne dell’alta sicurezza”.

Il culto della lentezza ha
prodotto anche effetti sulla vita privata. “Da tre anni”, continua Contigiani, “vivo
in un co-housing a geometria variabile: siamo da 4 a 7 a seconda dei periodi,  la cosa per ora funziona, la lentezza
cerchiamo di viverla, cresciamo Mariablu come in un villaggio e organizziamo
iniziative culturali e ambientali a Vicobarone, Ziano Piacentino. Le comuni del
Sessantotto? E’ molto diverso, qui tutto si fonda sul rispetto degli spazi e
dei tempi degli altri. E’ un progetto anche per l’invecchiamento”.
Poco è rimasto dei primi tempi, “quando andavamo in giro a dare le multe a chi
camminava troppo velocemente; ora siamo meno su giornali e tivù, ma
contribuiamo a un movimento di persone che non stanno più in platea, salgono
sul palco, diventano ribelli della lentezza, senza più paura di cambiare. Le
iniziative della ‘Giornata’ sono veri e propri microfestival locali nati in
rete, fatti da volontari che non corrono per avere un nuovo telefono o fare le
scarpe a un collega, ma si battono per un obiettivo comune, globale. Stiamo
costruendo un’impalcatura, non è solo un rumore. Quest’anno spontaneamente
hanno aderito l’Associazione Italiana Persone Down e l’Associazione Italiana
Sclerosi Multipla, che di lentezza obbligata ne sanno”.
“Come ci finanziamo? Con i mercatini dei libri usati, o i prodotti che
compriamo in India. Poi un grande sponsor (Intesa) che ogni anno ci dà una
piccola cifra, e i piccoli produttori di vino che incominciano a credere alle
nostre proposte. E poi le quote dei soci. Pensi: abbiamo scritto 3 libri, teniamo
un sito
www.vivereconlentezza.it che ha 700 visitatori al giorno, un
blog su il ‘Fatto’, una rubrica su ‘Linus’, una specie di newsletter rapsodica
che arriva a più di 3000 persone…”. E meno male che sono lenti.

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