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Palermo, via Carini. Quel tricolore di malinconia
Il Paese ha i suoi problemi con l’Europa. E con tante
altre cose, grandi e piccole. Tra queste piccole, proprio tra le più piccole,
ce n’è uno, che riguarda la sua coscienza e la sua memoria. Ed è il modo in
cui, alla faccia di cerimonie e di inviti alla memoria e all’amor patrio,
vengono tenuti i luoghi in cui caddero i servitori dello Stato e i cittadini
come loro, e le lapidi che li ricordano. Una volta di più la cosa tocca la
lapide di via Carini a Palermo, dedicata al prefetto Carlo Alberto dalla
Chiesa, alla sua seconda moglie
Emmanuela Setti Carraro e all’agente di polizia Domenico Russo, che lì sotto
furono uccisi dalla mafia il 3 settembre di trentatré anni fa. Uno sproposito
di anni, roba che si fa fatica a ricordare.
Mia sorella Rita era in questi giorni a Palermo. Oggi è andata in via Carini e
ci ha trovato la solita incuria civile, che per le commemorazioni del 3
settembre, e solo per allora, verrà rimossa per decoro. Mezza fioriera, l’altra
metà chissà chi se l’è fregata. Dentro, bicchierini di caffè vuoti e cicche di
sigarette. Una bicicletta posteggiata con gaia innocenza proprio sotto la
lapide, nemmeno un metro di marciapiede per loro devono avere quei tre. Di
fiori nemmeno l’ombra. Allora Rita ha cercato una bancarella dove comprare un
tricolore, ci ha fatto una rudimentale bandiera, ci ha scritto in centro “papà”
e l’ha messa lì, dietro la bici.
Prima era andata a vedere l’albero Falcone e
via D’Amelio. Amore, cura, testimonianze sacrosante. Sono loro, i due giudici,
gli eroi simbolici della Sicilia. Loro, anche perché, da siciliani, hanno
rappresentato il riscatto di un’isola intera. Loro il giusto riferimento di nuove
generazioni. Proprio lei con la Biondina si erano indignate un mattino trovando a pezzi le statue dei due giudici disposte su una panchina in via Libertà….Si è chiesta però perché l’abbandono del prefetto venuto da fuori,
andato a offrirsi per la Sicilia sapendo che cosa lo aspettava, perché per lui
quella trasandatezza. Ne aveva già scritto tempo fa, inutilmente. E ne ha riscritto
oggi sulla sua pagina facebook, lo trovate sulla sua e anche su quella della Biondina.
Ci sono le foto del prima e del poi, comunque malinconiche.
Nulla di eccezionale. La memoria è così, selettiva, lo vediamo già nella nostra
vita, per le nostre cose, i nostri amici. Lo vediamo per altri siciliani eroici
che hanno lapidi abbandonate. Forse dovrebbero essere i negozianti, icittadini
lì accanto a farsi un punto di onore, di orgoglio, a trasformare quel luogo in
un minuscolo luogo di culto civile. Io almeno sotto casa mia farei così. Un
paese dove questo non si sente come ragione di orgoglio, non dico come dovere,
o dove addirittura qualcuno considera una iattura dovere convivere con quel
segno di lutto sulla propria via, sul proprio marciapiede, non è un bel paese.
Forse non è nemmeno il mio paese. Poi c’è la Patria. Ma questo è un altro
discorso. Grazie Rita.
Nando
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