Storia di Angela. Ovvero quando il sindaco spedisce all’ospedale la cittadina che ha ragione

 

il Fatto Quotidiano, 12.9.15

Ma esiste in provincia di Como uno straccio di autorità in
grado di fare rispettare la legge? “Storie italiane” si era già occupata lo
scorso anno di questa incredibile vicenda. Di questa anziana insegnante in
pensione di San Fermo della Battaglia che si vede costruire una casa di fronte
alla sua, in dispregio di norme e regole vigenti e con il pieno consenso del
sindaco. E che decide di battersi contro l’ostilità politica e amministrativa,
le odissee giudiziarie, l’eclissi della legalità in partiti e istituzioni.

Ma ora Angela Compagnone sta davvero scoprendo l’impunità del potere. Perché alla
fine è pur riuscita a fare trionfare le sue ragioni, davanti alle quali
qualunque sindaco decente si sarebbe inchinato sin dall’inizio. Le ha dato
ragione il Tar, le ha dato ragione il Consiglio di Stato. Quella casa sorta
davanti alla sua è fuori legge e va abbattuta almeno in parte. Ma
l’amministrazione di San Fermo della Battaglia non se ne è data per vinta. Ha
stabilito che non c’erano le premesse materiali del ricorso e si è auto-sanata,
decidendo che la casa può restare lì dov’è, d’altronde l’ha costruita il cugino
del vicesindaco (già sindaco), il quale a sua volta si è fatto ristrutturare la
casa di famiglia dalla stessa ditta costruttrice (vedi “il Fatto” del 29 giugno
del 2014). E che sarà mai la giustizia della Repubblica italiana? A sbandierare
la secessione giuridica però non è la
Lega
, che anzi ha preso le difese della malcapitata benché  meridionale di Salerno. Ma le moderate forze
di governo che, sotto il simbolo di una lista civica, comandano a San Fermo.
I fatti. Lo scorso 30 agosto Angela Compagnone, visto il silenzio del sindaco
davanti alla sua richiesta (protocollata) di chiarimenti, ha pensato di andare
direttamente in Comune a rappresentare le proprie ragioni. E approfittando di
una cerimonia pubblica ha portato le sue carte nell’aula del consiglio
comunale. Qui, anziché facce rosse di vergogna, ha trovato facce rosse di
rabbia. Si è rifiutata di sloggiare, non ha disarmato nemmeno quando il sindaco
se ne è andato per scoraggiarla e lo ha anzi atteso a pie’ fermo.
A quel punto è accaduto qualcosa che non ha praticamente precedenti, almeno
nella memoria pubblica del profondo nord. La cittadina che ha dalla sua la
giustizia della Repubblica, accusata di stare abusivamente nell’aula, è stata
apostrofata e malmenata in successione. Prima dal vicesindaco, poi dal sindaco. Vicesindaco Pierluigi
Mascetti: “Stronza”, “non rompere il cazzo con volantini perché la legge a San
Fermo la facciamo noi”. Sindaco Maurizio Falsone: “Brutta vecchiaccia mi hai
rotto i coglioni”, “se non fossi una vecchia ti romperei la faccia”.

Traiamo il dialogo edificante dalla denuncia-querela da lei presentata alla
Procura della Repubblica di Como il 2 settembre. Naturalmente anche i due
gentlemen hanno fatto querela, come si usa in queste occasioni. Solo che non
essendosi limitati alle parole, ora devono rispondere di qualcosa di più.
Perché di nuovo in successione hanno cercato di allontanarla a furia di
spintoni, la hanno chiuso una gamba in mezzo a una porta, l’hanno strattonata a
una spalla e, davanti alle grida di aiuto e di dolore (ascoltate da una
testimone) uno dei due, il sindaco in persona secondo la querela, le ha pure
messo una mano sulla bocca proprio mentre la appellava delicatamente brutta
vecchiaccia. La prof  a quel punto è
stata aiutata da una signora e da un consigliere comunale della Lega, che hanno
fatto intervenire un’autoambulanza. Ci sono le  foto coi lividi e ci sono, ormai, ventisei
giorni di prognosi. “Non sto bene”, dice lei, “è stata una cosa da togliere il
respiro, non è possibile che nessuno qui in provincia di Como intervenga a fare
rispettare le sentenze. Nessuno mi ha telefonato, le autorità fanno a
scaricabarile dicendo che il Comune è autonomo. E dire che ho creduto nella
giustizia tutta la vita…”.

Interpellanza della Lega Nord e silenzio degli altri partiti, si vede che a
loro va bene così, che ci credono sul serio che i sindaci possano, con un paio
di mezzucci (l’Azzeccagarbugli operava da queste parti, d’altronde) fare
marameo alla legge. Ma davvero un sindaco e un vicesindaco possono infischiarsene
della giustizia della Repubblica e spedire all’ospedale la vittima delle
proprie prepotenze? Perché non fare di San Fermo della Battaglia, mito
risorgimentale dei nostri sillabari, il punto di partenza per una riscossa
dello spirito pubblico?  Forza signora
Angela. Noi siamo con Lei.

 

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