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Come ti rivoluziono i convegni. Quelle angeliche ragazze che scrivono sui muri
Il Fatto Quotidiano, 19.9.15
Dopo cinque minuti che le vedi ti scoppia la
curiosità. Ma chi saranno quelle tre angeliche ragazze che scrivono e disegnano
sui muri dell’auditorium come se fossero a casa loro? Relatori e pubblico le
guardano, apprezzano i disegni, poi buttano occhiate interrogative. Si chiama
infografica. Nuova forma della comunicazione, roba da rivoluzionare convegni e
congressi. Mentre loro tre si chiamano Gaja, Elena e Beatrice. Giovanissime
ambasciatrici di una comunicazione che rompe gli schemi, né inglese maccheronico
né semiotica da sbarco, ma proprio un’altra storia. Tutte e tre studiano design
della comunicazione all’Isia (Istituto superiore delle industrie artistiche) di
Urbino, dove il sottoscritto le ha viste all’opera la prima volta.
Gaja ci è
arrivata da Gavirate, provincia di Varese, per prendersi la laurea
specialistica in editoria, dopo aver fatto l’accademia di belle arti a Brera. Per
lei comunicazione è questione sociale, non certo “un’aliena rispetto ai
problemi del territorio, dell’ambiente urbano, dell’uso dei dati o anche della
legalità”. “Vede, sarà che mia madre insegna lettere, mio padre storia e
filosofia, ma ho una grande passione per la lingua italiana, la grammatica e le
etimologie… ,mi piacerebbe trovare un punto di incontro tra comunicazione visiva
e lingua italiana, mettere la grafica al servizio del nostro patrimonio linguistico”.
L’ha colpita, racconta, sentire alla radio che Adriano Olivetti commissionò
all’Accademia della crusca un manuale di lingua italiana per le
stenodattilografe.
I prodigi che Gaja (Lanfranchi), Elena (Guglielmotti) e Beatrice (Schena) realizzano
su austere o eleganti pareti si chiamano scribing. Ma tranquilli: non scrivono
sui muri. Arrivano ai convegni, stendono nella curiosità generale la loro sottilissima
lavagna di plastica (speciali rotoli di fogli elettrostatici), e poi
rappresentano genialmente quello che sentono. Fanno a turno tra chi prende
appunti, chi disegna e chi fa sintesi. Traducono in immagini i racconti, le
vicende di cui si parla, costruiscono schemi creativi per spiegare i concetti essenziali, mentre un
fotografo trasmette tutto su twitter in tempo reale. “A Urbino siamo una quindicina
che lo facciamo”, spiega Gaja, “ l’ho imparato al corso di architettura dell’informazione.
Prima lo facevo in modo spontaneo, individuale;
poi sono passata a un modo più strutturato, per eventi come il festival del
giornalismo culturale o conferenze varie, imparando sempre di più a costruire
delle mappe concettuali-visive”. Ecco: mappe. E’ questa la parola magica. Sei a
un convegno, a un congresso? Alla fine vai alla parete e te lo ritrovi tutto lì
sopra: figure e immagini -agili, efficacissime-, schemi e una stupefacente
precisione di linguaggio. Dopo la graphic novel e il graphic journalism, ecco
dunque un nuovo tipo di comunicazione.
Quasi meglio della tivù: le ragazze scrivono
e disegnano senza farsi distrarre dalla sindrome della “notizia” e senza
lasciar traccia dei discorsi nutriti d’aria fritta.
“Che cosa vorrei fare dopo la laurea? D’istinto”, dice Gaja, “rispondo che mi
piacerebbe fare un tirocinio all’estero, sarebbe bello in Canada, dove ho
trascorso mesi bellissimi al liceo.
Penso però che in Italia uno spazio per noi ci sia, bisogna solo trovare i modi
giusti per spiegare le funzioni della comunicazione”. Beatrice, che viene da Faenza e ha sempre
studiato all’Isia, ha sognato a lungo di diventare fumettista. “Adoro leggere e
ascoltare le storie di qualsiasi tipo”, confessa. Anche lei è intenzionata a
prendersi una tesi in editoria. Vorrebbe lavorare nella progettazione visiva,
per lei lo scribing è una modalità eccellente per mettere alla prova la propria
professionalità. Mentre Elena, friulana, la laurea triennale a Lubiana, convinta
anche lei del ruolo sociale del progettista grafico, ama lo scribing perché
“mette insieme il lettering e l’illustrazione, io non riesco più a vederli
separati”, e spiega che nella cultura visiva est-europea le due arti si fondono
naturalmente.
Ultima notazione, non banale. Per quanto vengano da storie molto diverse e non
abbiano avuto esperienze associative sul tema, tutte e tre hanno scoperto con lo
scribing la voglia di raccontare la mafia e l’Italia che la combatte. Con i
loro compagni hanno fatto anche un sito (isiacontrolemafie), e qualcuno di loro
si è già cimentato nei beni confiscati. E voglia il cielo che la loro
comunicazione metta in fuga i cocktail di inglese maccheronico e semiotica da
dopolavoro.
Nando
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