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Il moschettiere che ama i profughi e scrive canzoni d’amore
Il Fatto Quotidiano, 26.9.15
Sembra un moschettiere del re. O un giovane profeta. Con la
barba bionda e i lunghi capelli che si fermano prima delle spalle, e gli occhi
azzurri che sanno di imprese generose, Alessandro Sipolo sarebbe tagliato, come
attore, per molte parti di “buono”. Forse anche per questo si guadagna subito
la fiducia dei rifugiati che arrivano a lui nella contrada bresciana. Brescia
luogo simbolico per quegli esseri umani su cui oggi il mondo si divide: se
ricacciarli indietro o restituire loro la speranza. Alessandro ha scelto questa
strada e ne ha fatto un percorso di vita, rinunciando ad altre opportunità per
le quali molti avrebbero commesso follie o bassezze. Una formazione da sinistra
radicale e di buon senso senza partito, principi solidissimi ma niente
ideologie, il nostro moschettiere ha sempre pensato che la sua esistenza
dovesse legarsi a qualche causa senza onori. Per questo, anche, appena finita
l’università se ne era andato con il servizio civile internazionale in
Sudamerica. Per un anno, dal marzo 2011. Ad Arequipa, nel sud estremo del Perù.
Con la Caritas ma inventandosi poi sul posto, in autonomia, un progetto di
microcredito per le madri di disabili abbandonate dal coniuge.
Quando è tornato in Italia non ha smesso di pensare agli ultimi. Alle folle che
chiedono scampo dalla violenza e dalle guerre. Era iniziata un po’ così, questa
storia dei rifugiati, qualche dilemma sulle certezze lavorative, poi ci si è
buttato anima e corpo. “Siamo una cooperativa laica. Si chiama K-Pax onlus. Il
nostro”, spiega, “è il percorso ufficiale, molto più controllato e scrupoloso
di quello che scatta con le emergenze. Si chiama progetto Spar. Lo gestisce il
comune di Brescia, ed è finanziato dal ministero. Cosa faccio? L’operatore
sociale. Abbiamo richiedenti asilo e rifugiati già accolti, una ventina in
tutto, tra i 18 e i 30 anni. Ce li mandano agenzie del territorio, o la stessa
prefettura. Gestisco gli appartamenti, li accompagno sul piano sociale,
scolastico, sanitario. E organizzo anche eventi di sensibilizzazione cittadina.
Con molta libertà, devo dire”. E anche con orari di lavoro che fanno polpette dei
ritmi impiegatizi.
Ma non pensiate che questa sia la sua unica forma di impegno. In provincia di
Brescia e soprattutto sul lago di Iseo Alessandro è molto conosciuto anche per
la sua militanza nell’Anpi. Sorride di gusto: “In effetti ho preso la tessera a
17 anni, appena è stata approvata la regola che apriva l’associazione a tutte
le generazioni”. Provaglio di Iseo, ecco il luogo delle sue altre battaglie
civili, che lo vedono in prima fila nella difesa del Paese dalla mafia avanzante.
Uno pensa che sul lago e nelle valli che arrivano fino alle sponde non ci sia
nessun movimento contro la mafia, e invece ci trova questo trentenne con i suoi
amici che riempie sale, organizza eventi pubblici, ammonisce i più adulti
contro il rischio della rimozione. Radicale c gentile. Perfino dolce, quanto sa
essere secco nella difesa di ciò che non gli appare negoziabile nemmeno a
parole. E gentile come i versi delle canzoni che compone, poiché questo è infine
il terzo volto del condottiero polivalente: è un cantautore. Che mostra verso
la chitarra una intimità fraterna. Sempre a portata se viaggia con gli amici.
Pronto a sfoderare il repertorio dei grandi cantautori, De André, Guccini, De
Gregori, Lolli, “anche se per la mia formazione devo molto alla Bandabardò”. Ma
con la vena di far sentire anche le proprie, di canzoni. Bastano due note e chi
aveva tremato “oddio, che ci tocca di sentire” si ricrede. Parole di poesia,
musica fluida e invitante. La voce da cantastorie romantico, non c’è nemmeno
bisogno di dirlo. Un primo disco nel 2013, ora il nuovo disco tra due mesi,
“che sarà un po’ più cattivo”. Musica e parole sue, “ogni tanto per gli arrangiamenti
ho amici che mi aiutano”.
Se gli si chiede quale sia la sua strada vera, se i rifugiati o il successo da
cantautore, sorride imbarazzato. Alla fine risponde tutti e due. I rifugiati
per sentirsi “una persona varia, perché tutti, diceva Whitman, ci portiamo
dentro delle moltitudini. Ma vorrei
anche continuare a coltivare la mia parte creativa, a dare sfogo a quel che ho
dentro”. Cantare, poi, è anche un modo per propagandare le sue cause. Dice in
una delle sue ultime canzoni, “Migranti”: “Regolare è già ogni uomo/ e ogni cuore è
clandestino”.
Farà il suo concerto a fine novembre a Brescia, alla Latteria Molloy (“ma non è
una latteria riusata”), è attesa molta gente. Ma anche se avrà successo, c’è da
giurarci, dai suoi rifugiati non lo schioderà nessuno.
Nando
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