Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Sergio e gli ex compagni che ancora litigano (sul web)
Il Fatto Quotidiano, 3. 10. 15
Ma chi diavolo glielo fa fare a un libero professionista che
ha superato i due terzi di secolo? Quale passione lo porta a cucire con tanta
pazienza umori e memorie di un intemperante gruppo di ex? Sergio Vicario è un
affabile signore che lavora nella comunicazione. Ha fondato quasi trent’anni fa
una piccola ma intraprendente società che si è conquistata, tra l’altro, un
posto leader in Lombardia nella comunicazione sanitaria. Ma non di questo qui
si parlerà. Bensì del forum telematico a cui ha dato vita sei anni fa e in cui
vengono ospitati gli alpini del Sessantotto, ovvero i militanti di ogni ordine
e grado del Movimento studentesco della Statale di Milano.
Militanti che hanno
preso le strade più diverse. Prima, all’inizio degli anni ottanta, fu
socialisti o comunisti, e molto pesò sulle reciproche reputazioni. Poi sempre
più frastagliati. Piddini, anche di governo, come il ministro Gentiloni, e sinistra
critica o criticissima; ma pure ciellini, liberisti e tupamaros, antimafiosi e
chi non digerisce ai vertici dello Stato due dell’antimafia come Grasso e
Mattarella. Insomma, un pentolone. E un’inquietudine di fondo a far da
denominatore comune. Così sul forum allestito da Vicario arrivano voci
disparate (e spesso dotte) a interpretare il mondo. O a rimembrare. Difficile
evitarlo quando si è passati per avventure ed emozioni epiche. O a salutare con
malinconia qualcuno che se ne è andato, il compagno Fabio o la compagna Nicoletta.
Ma come fanno ad andare d’accordo? Infatti non vanno. Nelle fasi di quiete
prevale il rispetto formale. Guastato ogni tanto dal sarcasmo. Fondato,
gratuito, vallo a capire, perché ognuno sa di qualche ex compagno cose che gli
altri non sanno. Ma a onde arrivano anche le mazzate. Su Renzi, certo, ma
soprattutto su Israele-Palestina o sulla scuola privata. Sul berlusconismo e
sul comunismo. O sulla memoria socialista, alla quale il Vicario appartiene pur
moderandosi assai, ma su cui altri se le danno di santa ragione, mettendoci di
mezzo i giudici e gli amanti della ghigliottina, e allora tocca per definizione
a Gianni Barbacetto prendere le difese degli odiati magistrati. E’ in quei
frangenti che il linguaggio si fa greve, il pensiero annaspa, e schizzano le
offese.
Tra i rivoluzionari che leggevano (e ancora leggono) libri a quintali
esplode il turpiloquio. E partono le accuse oblique, sottintese: quella volta
che nel servizio d’ordine, quella volta che i soldi, quella volta che andavi
strisciando a chiedere… Finché qualcuno si adonta e ufficializza: non parlerò
più su questi schermi, addio compagni. Qualcun altro nulla dice ma scompare. E
i più strattonano Sergio: ehi, amministratore, ma che succede, non ci sono
regole di creanza, stai lì a guardare? Così il poverino, che già si è preso la
briga di smanettare per tutti, si estenua in telefonate private a ripetere come
uno zio la sua raccomandazione ai focosi sessantenni-settantenni: libertà di
espressione, ma rispetto. Con minaccia di espulsioni. “Ma che senso ha? Mica
dobbiamo rifare il nucleo d’acciaio della rivoluzione”.
Santa pazienza. Vicario
ne ha da vendere. Solida cultura contadina, sia lui sia la moglie Rosalba, il ciclo
del maiale se lo fan da soli, fino al salame che servono agli amici. La sua
massima preferita è che il pane si fa con la farina che c’è, il che vale anche
per la politica. Lui nel Movimento si buttò anima e corpo dopo qualche
zingarata giovanile: con gli amici aveva allestito un furgone da complesso
musicale, “I nobili”, ma non sapeva una nota, ci andavano in giro per
accalappiar ragazze e ci rimediarono un’estate gratis a Tirrenia (“eh, allora
così si beccava” ). Nei suoi curricula mette ancora il lavoro di redattore in
“Fronte popolare” o in “Caserma in lotta”. “Perché tengo questo forum? Per la
curiosità di sapere come la pensiamo oggi. E poi perché a questi indisciplinati
voglio bene”.
Stalin è alle spalle anni luce. Lui ricorda che il ‘68 fu libertario, che per
questo alla fine ha lasciato il segno lungo nella storia, nei costumi e
nell’idea di autorità. Ma il senso di colpa per certe parole d’ordine ancora
frulla. Ecco allora nel gennaio 2009 la piccola spedizione a Praga, con Mario
Capanna, “a chiedere scusa a Jan Palach quarant’anni dopo la sua eroica
protesta”, “e fu da quel viaggio che nacque il forum”. Ecco la battaglia milanese
per il Giardino dei Giusti, dove si onorano i martiri delle dittature. Qualche
cena di massa, come gli alpini di cuore. E per il resto ognuno per sé. Ma con
rispetto, compagni.
Nando
Next ArticleUltimo libro in cottura. Genealogie e stelle al merito. E il suicidio di Marino