Il sogno di Sarah: io, giornalista di Al Jazeera

 

L’avevo dimenticato!!! Dal Fatto Quotidiano del 10.10.15

“Sono
nata la notte delle stelle cadenti di ventisei anni fa da due giovani migranti”.
Fantastico. Esiste un modo più poetico di dare le proprie generalità? Sarah è così.
Timida e sognatrice, pronta a commuoversi ma fatta di granito, nemmeno ci pensa
a lasciare le zone del mondo in cui è andata a vivere. Zone a rischio. Un tempo
a rischio altissimo. Beirut. Le guerre civili, i cannoni, gli “attentati
libanesi”. Addosso, la vertigine del movimento, l’inquietudine di chi non può
fermarsi mai. “E che ci devo fare? Furono figli del movimento i miei genitori. All’inizio
a mio padre non volevano affittare le case perché stava scritto ad
Abbiategrasso – il paese del riso e del grasso – ‘non si affitta ai
meridionali’ e i miei arrivavano da due paesini sperduti del Vallo di Diano
nella provincia di Salerno. 

 

Poi
qualcuno gli ha dato fiducia e la casa se la sono pure comprata, grazie anche
ai sacrifici fatti dai nonni contadini, migranti a loro volta –sì, pure loro-
nella Germania del dopoguerra. Che contentezza vedere i loro visi sorridenti
quando mi sono laureata con una tesi su “Agricoltura, caporalato e
’ndrangheta: il caso Rosarno
”.

Era un po’ anche la nostra storia. E lei vuole che non mi schieri con chi cerca
una sua terra? Andai a Rosarno per vedere con i miei occhi quel crocevia di
drammi umani e da allora me ne continuo a interessare. Da lì per me è cambiato
tutto.”
“Ho iniziato a scrivere dove potevo di caporalato e di agricoltura, di
‘ndrangheta e di migrazione. Poi ho deciso di partire. Prima per il Galles dove
lavoravo con Bawso, un’associazione che si occupa di donne migranti vittime di
tratta e abusi domestici. Poi sono andata in Spagna, a Tarragona, e lì ho
iniziato il master in Relazioni del Mediterraneo e mondo arabo. Frequentandolo,
ho sentito il richiamo del Medio Oriente: da qui la scelta di finire il master a
Beirut, all’università Saint Joseph. E’in lingua francese, se no come facevo?”
“Vuol sapere di Beirut oggi? E’ città di contrasti terribili:  da
una parte ricchezza ostentata e modernità ingorda,
dall’altra povertà assoluta e tradizioni ancestrali. Impossibile non
notare quelle migliaia di persone in fuga dalla guerra siriana. Quasi
un milione e mezzo su un territorio grande come il Veneto. Ho visto i fatti, ne
sono stata coinvolta e ho visitato diversi campi profughi; sono anche riuscita
ad entrare in un cantiere edile, a fare delle foto ai ragazzi siriani sfruttati
nelle grandi Building Estates". 

 

E qui viene fuori la Sarah dalla faccia tosta, che, sola e in trasferta, non pensa di essere un’italiana sconosciuta ma contatta niente meno che Al Jazeera, come fosse una famosa free lance. E propone l’articolo su quel che ha visto. E loro glielo comprano. Gli occhi blu di Sarah si illuminano. “Capisce Prof? Mica come in Italia. Me lo hanno pagato bene, e mi hanno pure rassicurato che se poi per questioni di programmazione non l’avessero pubblicato me l’avrebbero pagato lo stesso. E’ un altro mondo. Hanno il petrolio? Certo ma qui anche i ricchi ti sfruttano dandoti pochi euro”. Eccola dunque Sarah, che sogna di diventare giornalista in terre lontane. “Lì è diverso, mi hanno chiesto di intervistare il Ministro del lavoro libanese e lui mi ha concesso l’intervista dopo pochi giorni…”.  Al Jazeera le ha accettato ora un servizio su Mafia Capitale e lei è venuta in Italia per questo. A incontrare magistrati, sociologi, politici, tutti di stucco davanti a una salernitana dall’accento lombardo che li intervista per la celebre testata araba. “Ci pensa? Basterebbe un servizio al mese, pochi altri lavoretti e mi mantengo. Ora torno in Libano per finire la tesi. Sto studiando il traffico di droga da e per il Libano.” 
Solo università e giornalismo? La domanda è ironica ma lei la prende sul serio. “E’ vero, a volte penso di non fare abbastanza. Però cerco di darmi da fare anche lì. Ho fatto un tirocinio con un’associazione che si occupa di "desaparecidos" durante la guerra civile libanese; ho visitato il campo profughi di Tel Abbas, a 4 chilometri dalla Siria, con Operazione Colomba, un corpo di pace internazionale italiano; e ho partecipato diverse volte alla distribuzione di aiuti umanitari nel campo di profughi palestinesi a Shatila, sì, quello del famoso massacro compiuto dai falangisti cristiani insieme agli israeliani nel 1982. Un posto, mi creda,  abominevole. ”
“Abominevole”, “notte delle stelle cadenti”. Sarah parla così, durezza e poesia. Chissà se diventerà mai giornalista di Al Jazeera. Però è bello vederla mentre lo sogna.

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