Ragazzi di Caselle. Ma la scuola val più dell’aereo

 

Il Fatto Quotidiano, 19.12.15

Dici
Caselle e pensi all’aeroporto di Torino, periferia di nebbie antiche, luogo di
passaggio per la città che fu della Fiat. Tanto che sul sito del Comune c’è addirittura
un aereo in volo. E invece Caselle ha ben altro da sfoggiare. Per esempio una
scuola effervescente, piena di idee e di vita, dove fervono progetti per fare
crescere buoni cittadini. Parliamo di scuola media inferiore, perché per il
liceo si va a Cirié, di poco più grande. Il gradino più difficile
dell’educazione scolastica.
Eppure dovreste vederli gli alunni di Caselle
mentre si raccolgono in un piccolo auditorium a parlare di mafia, nel Piemonte
il cui per anni il procuratore Caselli con i suoi sostituti ha sudato sette
camicie per convincere i tribunali che quella era questione anche piemontese.
Hanno lo sguardo interrogativo, alle spalle letture e discussioni in classe. Hanno
ciascuno in mano un biglietto con la propria domanda da fare. I Salvatore e le
Monica di Caselle sono stati predisposti a usare bene l’occasione. L’ospite se
ne accorge e li invita a dialogare senza biglietti. Funziona effettivamente
così. Compresa la domanda che sta più a cuore a tutti: perché un ragazzo un po’
più grande di loro può essere affascinato dalla mafia o dalla camorra. Perché
ci si avvicina, o ci entra dentro.

La dirigente dell’Istituto comprensivo, Loredana Meuti, una signora che di buona
cultura deve averne respirata molta, si gode trepida e orgogliosa quel delizioso
misto di ingenuità e competenza. Sono solo un reparto, spiega, perché in realtà
sarebbero voluti venire molti di più, ma l’auditorium è piccolo. L’occhio
scruta intorno. Ci sono diversi adulti. Insegnanti, ovviamente. Ma anche
l’assessore alla cultura, una giovane avvocato, Erica Santoro, che sembra dar
l’anima per mettere la politica a disposizione di questa scuola di cui tutto
sa, dai progetti civili alla porta del bagno da riparare. Vuole che di queste cose
si parli a scuola perché “non ritengo che sia giusto ‘proteggere’ i ragazzi da
certi temi, dir loro le bugie: i nostri figli vivono come noi questa realtà e
anzi sono molto più esposti al pericolo di quello che pensiamo”. Anzi, dice, “bisogna
dar loro gli strumenti per combattere e ribellarsi. E in questo l’istituzione
politica, anche solo a livello comunale, ha la sua grande responsabilità”.
In
effetti in fondo c’è perfino il sindaco, si chiama Luca Baracco. Un’eccezione,
giuro, perché sa il cielo quanti siano gli impegni improrogabili e istituzionali
dei sindaci di paese che ti mandano i loro saluti. Si forma insomma pian piano
la sensazione che accanto all’aeroporto sia cresciuta in una felice
combinazione chimica una bella comunità. E infatti…

E infatti non parlano solo di mafia, materia che i tredicenni vogliono perfino
portare in teatro la prossima primavera. Ma anche di femminicidio. Lo scorso 27
novembre, giornata mondiale contro la violenza verso le donne, sono andati
tutti in piazza per offrire alla cittadinanza, ai genitori e alle famiglie
accorse in massa, un grande saggio di consapevolezza civile. Hanno partecipato
in massa, disegnando cartelloni, recitando poesie, preparando scenette teatrali
(“in assoluta libertà per una precisa scelta didattica”, precisa la
professoressa Meuti), suonando i flauti. Hanno recitato e cantato in inglese e
francese. Pure la
canzone “Les lionnes” di Yannick Noah,  un inno alle donne africane che lottano ogni
giorno per proteggere i propri bambini dalla fame e dalla sete, principali
cause della mortalità infantile nel loro continente.
Hanno inscenato uno spettacolo riscoprendo perfino una canzone del
Quartetto Cetra (ah, cosa non può la memoria…), “Però mi vuole bene”,
appropriandosi di Zucchero (“Donne”), proponendo danza hip-hop e poesie e soprattutto
allestendo un muro allegorico, frutto della fantasiosa fatica dei più piccoli:
il muro dell’indifferenza. Tante scatole rosse una sopra l’altra
, ognuna con il
nome di una donna vittima di femminicidio. Pensate che siano eccezioni? No,
perché poi c’è il “Gruppo noi”, un progetto sulla legalità con il sostegno del
Tribunale dei minori: all’indice il bullismo (grande il video “il bullo è un
pollo”). E poi il progetto “Cittadinanza e pari opportunità”, con il Comune e
le forze dell’ordine e la Asl. E i
progetti con il Gruppo Abele e con Libera…
Chi vede tutto questo da vicino lo trova costruttivo, interessante. Ma chi
arriva da fuori vi trova come per magia una voglia di riconciliarsi con il
mondo. Piccola domanda: e se ora, invece di quell’aereo, nel sito della città
ci mettessimo una scuola?

 

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