Monasterace marina. La sfida di Annalisa

Il Fatto Quotidiano, 23.1.16

Com’è
piccolo il mondo. Dici Monasterace marina e ti viene in mente  la sindaco Carmela Lanzetta, che voleva
impedire agli speculatori di costruire su uno dei più bei siti archeologici del sud e per questo divenne
suo malgrado il sindaco antimafia. Qui siamo sempre a Monasterace e c’è
un’altra storia simile. Questa volta si tratta di un’azienda agricola con un
nome speciale, ‘a lanterna, che si intende di civiltà e di cooperazione, di
agriturismo e di progetti didattici. Un’azienda di 67 ettari distesa su un
promontorio incantevole, vicino al faro di Punta Stilo, dentro il parco
archeologico dell´antica Kaulon. Agricoltura biologica e di qualità negli
agrumi, nell´olio e anche nel vino, dal Syrah alla malvasia bianca. E percorsi
“di fattoria didattica” studiati per le scuole.
“L’abbiamo fondata nel 2003. Poi nel 2009 abbiamo aperto anche un settore
agrituristico ristrutturando un immobile di famiglia”, racconta Annalisa
Fiorenza, l’amministratrice. Annalisa è la più giovane dei cinque soci, fa l‘avvocato
dividendosi tra Roma e la Calabria. “Tutto per passione, ognuno di noi ha un
altro lavoro. Abbiamo aderito al circuito di Turismo Responsabile. E aperto una
locanda, Cocintum, che prende il nome dal promontorio”. Insomma, una struttura
d’avanguardia. E che per questo dà fastidio. Ha una colpa imperdonabile:
dimostra che cosa sarebbe possibile fare in questa terra se non ci fosse la
peste dei cosiddetti “uomini d’onore”. Per di più dal 2012 aderisce al consorzio di cooperative sociali Goel, che
dal 2003 si oppone alla ‘ndrangheta e con il marchio “Goel Bio” riunisce 30
aziende agricole e tre imprese sociali della Locride impegnate in
un’agricoltura equa e biologica.

Morale: sette attentati in sette anni. Si incomincia nel 2009 con l’incendio
dell’uliveto. Siccome l’azienda va avanti lo stesso, l’anno dopo si rilancia il
monito: davanti alla locanda Cocintum viene fatta trovare una bottiglia piena
di liquido infiammabile, con accendino accanto. Nel 2011 va a fuoco il quadro
di comando della pompa per l’irrigazione, nel 2012 si alza il tiro e tocca agli
alloggi della casa padronale, poi va a fuoco la grande botte esterna alla
locanda, e la cosa si ripete l’anno successivo. Infine lo scorso ottobre arriva
l´incendio che dovrebbe tagliar le gambe per sempre: va a fuoco il ricovero
degli attrezzi agricoli, brucia tutto, compreso il trattore, essenziale per
iniziare in quei giorni la raccolta degli agrumi.. Gettare la spugna? I soci
hanno deciso che si andava avanti. “Noi sappiamo di dare fastidio”, spiega
Annalisa,  “sappiamo in che territorio siamo.
Perché in questa zona della Calabria le ‘ndrine non chiedono il pizzo: sei tu
che vai da loro a chiedere protezione, per poter lavorare. Devi sottometterti
per potere stare tranquillo. Noi invece, abbiamo avviato la nostra attività con
una bussola precisa. E non abbiamo chiesto la protezione di nessuno”.

“Però”, continua, “questa volta non abbiamo voluto fare solo la denuncia ai
carabinieri. Ci siamo resi conto che occorreva mobilitare una rete intorno al
nostro progetto. Meno male che il consorzio Goel ci ha fatto un prestito
gratuito, se no hai voglia prima che arrivino i soldi dell’assicurazione… e in
ogni caso mica tutti i danni vengono coperti. Stavolta non ce l’avremmo fatta a
ricostruire il ricovero. In più abbiamo avuto molta solidarietà morale. Così
prima di Natale, il 19 dicembre, abbiamo voluto dare un messaggio pubblico di
fiducia. Abbiamo organizzato la “festa della ripartenza”, brindando al nuovo
capannone e al nuovo trattore. Sono venuti qui i ministri Delrio e Poletti, è
venuto Gratteri, si sono fatte degustazioni e tre artisti hanno suonato”. E
Delrio, narrano le cronache, è stato nell’occasione particolarmente duro. Ha
detto che la lotta alla criminalità organizzata è “una guerra vera”, ha
definito i soci di Goel Bio, “i nuovi partigiani”. “La gente del posto?
Purtroppo in questi casi manca. Sanno che è meglio non schierarsi. Pensi che
l’amministrazione di Monasterace ha deciso di fare un consiglio comunale aperto
dentro la Locanda. Ma di cittadini proprio pochi”.
 
E ora? “E ora preferisco non farmi domande. Non sai
chi hai di fronte, né perché lo fa. Forse vogliono metterci in ginocchio e
costringerci a vendere. Sono brutte queste scene, sa? Rivivi sempre gli stessi
odori, e l’idea che qualcuno vuol giocare a chi è più forte. Che devo dire? Noi
scommettiamo su queste bellezze, sulla nostra passione. E sulla solidarietà
altrui”. Che la sfida di Annalisa sia anche nostra.

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