Mafia e antimafia, le questioni aperte

Sugli obiettivi delle campagne condotte contro l’antimafia ha chiesto nuovamente ospitalità Davide Mattiello, deputato della Commissione parlamentare antimafia. Lo ospitiamo volentieri.

E’ in atto un conflitto nel quale agiscono più forze, alcune attrezzate soltanto di invidia e meschinità, altre no e bisogna stare attenti. In gioco c’è una certa idea di democrazia, che in Italia, non può che fare rima con l’idea di un’Italia senza mafie.
In campo ci sono le mafie che continuano a trafficare, ad uccidere e a corrompere (certo non come accadde fino al 1992, ma su questo tornerò in fine), ci sono le mafie che usano l’antimafia, cercando di infiltrarsi. C’è l’universo dell’antimafia, quella istituzionale e quella sociale, venato da inadeguatezze e talvolta da condotte semplicemente illegali: le contraddizioni e i limiti sono sotto gli occhi di chi voglia leggere con onestà la situazione.  
Ma in questa complessità, ci sono tre poste, di un valore che trascende le singole storie, personali o collettive, che hanno a che fare con la storia del nostro Paese.

Prima posta: affossare l’uso sociale dei bei confiscati alle mafie. Fermare la riforma del codice antimafia (votata alla Camera l’11 Novembre 2015 e giacente in Senato), che non soltanto prevede strumenti a sostegno delle aziende sequestrate capaci di stare sul mercato, ma ribadisce il ruolo dei soggetti sociali ed economici nella gestione di questi patrimoni. Demolire questa prospettiva ha un preciso significato: spingere l’azione dello Stato dentro il perimetro stretto della repressione giudiziaria e amministrativa, anziché tenerlo nel più ampio perimetro della partecipazione civile. E’ la distanza che c’è tra Stato e Repubblica. Fare dei beni sequestrati e confiscati dei Beni Comuni, la cui gestione provvisoria e definitiva sia un fatto sociale permanente (per questo i beni per lo più devono restare al patrimonio indisponibile dello Stato), significa stimolare costantemente l’assunzione di responsabilità dei cittadini, senza deleghe in bianco. Significa fare Repubblica. Significa non doversi augurare, come amaramente diceva Falcone, "un morto eccellente all’anno" per fare bene la lotta alla mafia.

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