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Piero Sanua, il sindacalista dimenticato.E Lorenzo, in cerca di giustizia
Il Fatto Quotidiano, 6.2.2016
Quel 4 febbraio
mattina, alle 5.30, era seduto accanto al guidatore. Una Fiat Punto marrone fece d’improvviso un’inversione a U tagliando
la strada al furgone. Il tempo di dire “guarda quel pirla come guida”, e un
colpo di lupara schiantò l’uomo alla guida. Lorenzo senza nemmeno il tempo di
capire si trovò addosso il sangue di suo padre. Che gli cadde in braccio. A
vent’ anni fu quello il suo incontro con la mafia. Scene così le aveva sentite
raccontare in tivù dalla Sicilia o dalla Campania. Ma era accaduta a Corsico,
alle porte di Milano. Paese di presenza ‘ndranghetista, come tutto l’hinterland
sud della città. Era il 1995. Ancora con il fiato di Tangentopoli sul collo, Milano
aveva ben altro a cui pensare. Ingoiò imperturbabile la notizia.
D’altronde il
padre di Lorenzo, Piero Sanua, non era “notiziabile”. Non faceva né il magistrato
né il politico e nemmeno il giornalista. Faceva il fruttivendolo ed era il
presidente provinciale dell’associazione nazionale dei venditori ambulanti , della
Confesercenti. E in quella veste si era occupato a lungo, anche attraverso una
commissione comunale, dei rigogliosi sottoboschi che prosperano senza disturbi nel
settore. Il mercato dei fiori, per esempio, con le tangenti per ottenere le
posizioni migliori e il monopolio dei chioschi davanti ai cimiteri. O i
commerci di droga camuffati da spedizioni di ortofrutta, con quell´ Ortomercato
milanese che per anni è stato crocevia di traffici spudorati di armi e droga. Tutta
materia che aveva occupato la commissione di indagine sulla mafia istituita
anni prima dal Comune di Milano e che avrebbe occupato pochi anni dopo un’altra
commissione di inchiesta (sempre comunale) sulla corruzione nel commercio. Eppure, anche a Milano, all’inizio venne battuta la classica pista d’occasione:
quella del delitto passionale. “Dopo pochi giorni fu tutto archiviato.
Ma com’è possibile?” si chiede oggi Lorenzo, che oggi fa l’operaio in una ditta
edile. Gli basta tornare per un attimo a quei giorni per accalorarsi: “Anche un
ragazzo ti mette insieme lo sfondo del delitto: Corsico, gli intrecci mafiosi,
l’Ortomercato che era un loro fortino, mio padre che fa parte di una
commissione di indagine interna per capire che cosa vi succede davvero, le
minacce che riceve proprio per l’Ortomercato…”. Il ragazzo passò anni interi a
sfogliare ipotesi, a cercare di dare una spiegazione all’accaduto. In perfetta
solitudine: lui e sua madre, la signora Francesca. Ma dal sottobosco che aveva
parlato e rivelato notizie riservate agli assassini, nessuno ha mai parlato.
Nemmeno chi avendo allora responsabilità politiche dice oggi di avere
conosciuto bene quel sindacalista coraggioso.
“Ho passato quindici anni a chiedermi perché mio padre non avesse diritto alla
giustizia. E prima ancora perché non venisse considerato una vittima di mafia.
Fu solo il 20 marzo del 2010, quando Libera tenne a Milano la sua
manifestazione annuale della memoria e dell’impegno, che finalmente sentii fare
in piazza Duomo il suo nome tra quello di centinaia e centinaia di altre
vittime. Ecco, mi sembrò allora che si aprisse una nuova epoca, che fosse un
primo segno di giustizia verso di lui”. Un’illusione. Resta ancora l’amarezza di
non riuscire a trovare risposte, il rovello di un’istruttoria senza sbocco, e
che appare impossibile a riaprirsi. “Da allora ho visto gente stringersi
intorno a me e mia madre a ogni anniversario. Ci sono state fiaccolate,
commemorazioni, ma alla fine ho sempre sentito dentro come un senso di vuoto,
di incertezza”.
Giovedì sera però è accaduto qualcosa di nuovo. “Sì, ed è stato bellissimo. E’
stato dedicato alla memoria di mio padre un negozio, un bene confiscato alla
‘ndrangheta proprio a Corsico. Assegnato a Cometa, una cooperativa sociale che
partecipa con la Caritas e altre associazioni al progetto ‘Salvafamiglie’. Vendono
prodotti per ciliaci, hanno un forno vicino Abbiategrasso e vendono anche, e mi
sembra un meraviglioso simbolo, frutta e verdura totalmente biologiche. La
targa l’abbiamo scoperta io e mia madre con il sindaco. Che cosa c’era scritto
sopra? Diceva così: ‘Questo bene è dedicato alla memoria di Piero Sanua, ucciso
a Corsico il 4 febbraio 1995’. E sotto la qualifica: ‘Vittima innocente’. Ero
emozionatissimo. Vedi, le targhe quando ci sono hanno un significato, vanno
difese. Io dico che le targhe parlano. E questa parlerà ogni giorno, anche di
notte, tutti i giorni dell’anno. E mentre parlerà io continuerò a chiedere
giustizia. Lo capisci che è un mio dovere, vero?”
Nando
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