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Anna Aversa e la buona scuola di Lagonegro
Il Fatto Quotidiano, 23.04.16
L’amor di quiete non è propria cosa sua. L’ultima conversazione con la prof avviene mentre sta andando in auto a una riunione per decidere come opporsi al depuratore che a San Sago, vicino al comune di Tortora, insidia le acque del Tirreno. Vive a Praia a Mare, estrema propaggine costiera settentrionale della provincia di Cosenza, e insegna a Lagonegro, arrampicata a oltre 600 metri tra il Vallo di Diano e il massiccio del Pollino in Lucania. E ha un’abitazione anche a Lauria, per appoggiarsi meglio nei suoi andirivieni scolastici e associativi. E ha pure cresciuto due figli, ormai oltre i venticinque. Anna Aversa è in servizio al Liceo di Scienze Umane “Francesco De Sarlo” dal 1990. E in un quarto di secolo, grazie anche all’entusiasmo di qualche collega, ha contribuito a farne una delle scuole più rinomate nel circuito nazionale delle cosiddette buone pratiche. Dici Lagonegro, neanche seimila abitanti, e dici eccellenza di prestazioni, premi vinti, gemellaggi, ospiti che arrivano da lontano, viaggi di formazione, perfino trasmissioni televisive. “Sono laureata in pedagogia e insegno sociologia in una scuola praticamente femminile”, erede nobile delle vecchie magistrali. “Il nostro non è un territorio facile, lavoriamo per scardinare luoghi comuni e pregiudizi. E fra i nostri compiti sa qual è forse il più gravoso e singolare? Quello di mantenere viva la memoria di casi irrisolti o di scomparse ‘misteriose’, di ricostruire pezzi di storia locale costellati di persone che spariscono, con indagini regolarmente influenzate dal pregiudizio, e con una verità insabbiata”. La prof pare padroneggiarli tutti, questi casi. Li elenca, le sue allieve ci hanno fatto anche un dvd, sobrio, ma affilato come una lama. “E abbiamo fatto anche di meglio”, chiosa. Qui ha contato il pregiudizio per le abitudini della ragazza, spiega, qui il pregiudizio per il rom, qui quello per il tossicodipendente. “Ma le studentesse capiscono, e anche se arrivano con i pregiudizi degli ambienti di provenienza, poi se ne liberano e anzi ne diventano le critiche più agguerrite”. Cita il caso di Elisa Claps, uno dei più conosciuti, uccisa sedicenne e trovata a diciassette anni dalla morte nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza. “Se ha avuto modo di vedere il nostro Cd ha potuto capire che i casi narrati sono storie irrisolte perché, in gran parte, condizionate da stereotipi sociali e morali. Sono lavori amatoriali, ma vogliono suscitare emozioni e conservare la memoria di fatti che altrimenti si dimenticano. Noi siamo la regione di Elisa Claps, del caso Paul Getty, che pare sia stato tenuto prigioniero a 10 chilometri da qui, della Salerno- Reggio Calabria, del terremoto del 1980, oggi del caporalato e della tratta delle donne, crocevia di traffici di droga e da qualche tempo luogo di interesse della ‘ndrangheta. Anche se alla Basilicata piace dipingersi così, noi non siamo un’isola felice”.
Con la sua sezione A, la professoressa Aversa, insieme con la collega Angela Falabella, docente di italiano, è appena andata a Trieste al centro Basaglia, al parco di San Giovanni, con la sua prediletta sezione A. “Abbiamo fatto due giorni di laboratorio, abbiamo incontrato ex allievi di Basaglia, creato una piattaforma tablet di collegamento con il centro, l’abbiamo denominata ‘la verità è rivoluzionaria’. No, non abbiamo nessun contributo per questi viaggi. Abbiamo deciso con le allieve di fare così il nostro turismo scolastico. L’anno scorso è toccato all’esperienza della Montessori, due anni fa a Barbiana”.
“Le mie ragazze? Ne sono orgogliosa. Perché vede, non è che fanno solo le loro cose a scuola, ma si impegnano nel sociale, vogliono sapere e capire, continuano dopo il diploma. Lo so perché poi le seguo nei loro percorsi di vita; per quel che posso, naturalmente. Noi non ci accontentiamo. Siamo state sempre attente alle storie parallele del paese. Per sei anni, ogni 23 maggio, siamo andate a Palermo con la nave della legalità come premio per il nostro lavoro. Che è fatto anche di interesse per le vite delle persone. Le vogliamo conoscere, da don Milani a Peppino Impastato; anzi prima della fine dell’anno scolastico ospiteremo Salvo Vitale l’amico di Peppino, quello che nel film è seduto con lui quando fa il discorso sulla bellezza”.
Davvero con questa donna i programmi delle cose da fare sembrano non finire mai. D’altronde ha una ferma convinzione: che “educazione, istruzione e formazione sono una risorsa per battere la crisi”. Fosse questa la buona scuola?
(nella foto: la sezione A del “De Sarlo” di Lagonegro)
Nando
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