Suor Fernanda. Buone idee per Palermo (e vedrete tra qualche giorno…)

Dieci cento mille suore come lei. E anche di più. Suor Fernanda è un manager, ma è anche un’attivista di strada, ed è pure una raffinata intellettuale. Giornalista e catechista. Quando vai all’appuntamento la immagini in veste e velo grigio chiaro. E invece ad attenderti c’è una signora in gonna jeans e camicia azzurra con una capiente borsa scura a tracolla, zeppa di fascicoli e di carte. Spiega che sta organizzando un grande evento a Palermo, di cui tra poco parleranno i giornali. Arte, cultura, società, etica, memoria. Ha appena avuto un successo inaspettato, una specie di trionfo, il 23 aprile. Ha inventato di sana pianta “la via dei librai”, una giornata del libro in via Vittorio Emanuele, zona alta venendo dal porto, tra la bellissima cattedrale normanna e l’altrettanto normanno palazzo della Regione. “Abbiamo letteralmente riempito il corso, centinaia e centinaia di metri di bancarelle. Uno spettacolo. Lei lo sa che a Palermo non si legge tantissimo. E invece c’è stata un’affluenza incredibile di gente, e il fatturato è stato sorprendente. Ma no, mica da sola l’ho fatta. E’ stata la nostra associazione ‘Cassaro Alto’, in cui io mi do da fare, certo. L’abbiamo fondata l’anno scorso, una cinquantina di esercenti. Che cosa c’entro io con i commercianti? Lavoro  alla libreria delle Paoline, la più grande d’Italia, sei vetrine nell’antico palazzo della principessa di Carini. E’ una zona da rivitalizzare, da riempire. Il sindaco Orlando quasi non credeva ai suoi occhi, ha capito la nostra energia e ci porta in palmo di mano. Guardi qui le foto”.

Biografia increspata, non da anima cheta, quella di suor Fernanda. Origini pugliesi, è nata a Cagliari e vive a Palermo dal 2001. Si è laureata in Scienze religiose all’Università Gregoriana e si è diplomata in Comunicazioni sociali alla Sapienza di Roma. Dal 1968 fa parte delle Paoline, ovvero della “Pia Società Figlie di San Paolo”. Quanto all’Italia, la conosce un po’ tutta: tra attività pastorale, catechesi e librerie, ha infilato una dopo l’altra Sondrio, Bologna, Asti, Grosseto, Rimini, Napoli, Palermo.
Nonostante la biografia da moto perpetuo, la manager-attivista ha un aspetto rilassato. Si anima solo scrutando le reazioni dell’interlocutore al suo progetto prossimo venturo. Divaga. “Ci chiamiamo Fernando tutti e due. E abbiamo anche il cognome che incomincia con la d, io faccio Di Monte”. Ecco i fogli, ecco il programma. “Ne devo parlare per tempo anche all’Avvenire. Collaboro alle pagine culturali, sono giornalista professionista dal 1991, sono stata a ‘Jesus’ sette anni: attualità, informazione e cultura religiosa, ma anche tematiche femminili. Ho ideato e curato una rubrica che si chiamava ‘Al femminile’, ho fatto inchieste sulla religiosità in Italia e in Canada, reportage su Turchia, Ungheria, Spagna, Polonia, Francia, Israele… Poi tre anni come responsabile nazionale dell’Ufficio stampa multimediale delle Paoline. E in più la bellissima avventura in Brasile: San Paolo a ‘Familia Cristã’, dove ho curato gli inserti per il Giubileo del 2000”.
Una così non può stare ferma. E nemmeno inchiodarsi a questo o a quel tema. La trovi impegnata su tutto: da Auschwitz (“Implicazioni etiche per l’oggi”), ai grandi problemi della contemporaneità, al rapporto tra giustizia divina e giustizia terrena.

A Palermo ha preso a cuore il tema della qualità sociale, e sa bene che in Sicilia non lo si declina propriamente come a Copenhagen e nemmeno come a Milano. Padre Puglisi in fondo chiedeva qualità sociale, campi sportivi e la scuola media per il Brancaccio. Fai una cosa innocente e irriti, senza accorgertene, poteri e interessi rabbiosi.  La qualità sociale di suor Fernanda è quella della grande area che va dai Quattro Canti a Porta Nuova, la stessa su cui un giorno dominava Vittorio Mangano, boss a Palermo ma pure a Milano. E supera quei confini. Da instancabile animatrice, organizza laboratori, concerti, va nelle scuole a parlare di legalità e multiculturalità, fa incontri nelle carceri. “Cerco soprattutto il contatto con le persone, con i ragazzi. Voglio dare il mio contributo alla sensibilizzazione culturale e spirituale di Palermo”. Ma non chiamatela sbrigativamente suora antimafia perché si offenderebbe. Lei pensa positivo e guarda al futuro. Anche se il grande progetto che coltiva in queste settimane qualcosa con la mafia c’entra pure e ne sentirete parlare. Intanto si prende una pausa: da oggi, per qualche giorno, va in ritiro a Camaldoli. Esercizi spirituali, ovviamente. Che ci volete fare, è pur sempre una suora.

(scritta sul Fatto Quotidiano del 28.5.16)

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