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Monaco. Giornalismo al sangue
E poi non ditemi che nel nostro giornalismo il sangue non fa adrenalina. Che non c’è un gusto crescente della tragedia da raccontare. Che non è vero che i giornalisti si sentono più grandi, più di frontiera, più avventurosi (dagli studi), se raccontano con aria frenetica storie di morti ammazzati, in cui i morti potrebbero aumentare minuto per minuto. Quel che è successo oggi nel tardo pomeriggio ha qualcosa di stupefacente, di surreale. Una sparatoria a Monaco e vengono interrotte le trasmissioni televisive come quando venne rapito Aldo Moro. Ci si collega subito con Monaco senza sapere ancora che cosa è successo: un fatto grave, ma non sappiamo quale. Se hanno sparato in un posto solo o più posti. Chi ha sparato, in quanti lo hanno fatto, quanti sono i morti. Non si sa nulla, se non che è successo qualcosa di grave. Un gioco di notizie “non confermate” occupa gli spazi televisivi, mentre si dice che è stata una “carneficina”. Con l’effetto di gettare nell’ansia le migliaia e migliaia di italiani che hanno amici e parenti a Monaco.
Pensiamoci: quale può essere l’effetto di questa corsa al sangue se non quello di seminare ancor più il terrore, di universalizzarlo, moltiplicando la paura e gli effetti desiderati dai terroristi, di diventare parte essenziale della loro strategia? Alla fine ti raccontano, giusto per mantenere il senso delle proporzioni, e ripetendo per cinque ore senza sosta le stesse notizie “non confermate”, che c’è una “unità di crisi” organizzata dal ministero degli esteri italiano. Non “doverosa attenzione allo sviluppo degli avvenimenti”, badate, ma unità di crisi che adempie a una funzione strategica: invitare a rispettare gli ordini della polizia tedesca.
P.S. Tutti ci chiediamo perché i governi europei non cooperino efficacemente a smantellare il terrorismo. La risposta sta in una foto che un amico mi ha mandato oggi. E’ quella dei segretari dei partiti socialisti europei negli anni settanta a Stoccolma: Mitterrand, Craxi, Brandt, Soares, Wilson, Palme (in foto con Arafat). Non aveva potuto partecipare Gonzales. Ieri loro, oggi i nani.
Nando
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