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Noi ragazzi, bersagli dei terroristi. Confessione notturna mentre il niente si fa storia
“Li vede i gradini davanti a quella chiesa? Ecco, ci siamo riuniti lì sopra per anni a grappoli, tutte le sere del venerdì e del sabato. Ragazze e ragazzi, tra i venti e i trenta, molti di noi conoscendosi, altri aggiungendosi. Birra o gelato, senza sporcare, eravamo una macchia di allegria, fino all’una. Ora sono vuoti, non ci andiamo più da qualche settimana per paura che arrivi qualcuno, tiri fuori le armi e ci spari addosso pensando guarda che bel mucchio”.
La ragazza che parla con toni che raramente ho sentito in vita mia abita a Roma. Soffia nelle sue parole lo smarrimento, la paura di una generazione. La chiameremo Federica, ma è un nome di fantasia, tanto ne potrebbe riassumere molti altri. “Questa è davvero una guerra a pezzetti, ha ragione papa Francesco e quando lo ha detto non gli hanno creduto. Sa che cosa mi ha sconvolto soprattutto? Nizza. Ma come si può pensare che ci sarà una strage a Nizza? Mentre si festeggia con i fuochi d’artificio…Vedere il camion che arriva addosso a quei bambini, ma come si fa a non fermarsi vedendoli? Sono tornata più volte su quella scena, e non riesco a dimenticarla. Ero ragazzina quando ci sono state le due torri. Mi ricordo che sono rimasta ammutolita davanti alla televisione per ore, rimandavano la scena del secondo aereo, capivo che era una cosa straordinaria, pazzesca, ma non avevo paura, intuivo che c’era una guerra chiara, l’America e gli altri. Nel mio silenzio trovavo quasi una razionalità in quello che accadeva”. Federica ha la voce concitata, deglutisce ogni tanto come chi non vuole sbagliare le parole, prova imbarazzo a dirle.
“Non sappiamo come vivremo, nulla del futuro, lo dicono tutti che siamo il contrario dei nostri genitori, loro pensavano di andare socialmente su, noi siamo condannati quasi tutti ad andare giù. E ora questa idea di una guerra che non abbiamo mai voluto che ci arriva addosso. In mucchio siamo diventati dei simboli, assolutamente sconosciuti uno per uno ma simboli tutti insieme. Dopo la strage di Monaco sono andata a cercare in rete: ovunque stava scritto della strage delle Olimpiadi del ’72. E’ brutto dirlo, ma allora c’era una causa grande. La Palestina che voleva diventare stato, e poi gli ostaggi volevano barattarli con un terrorista tedesco, ora non ricordo esattamente come andò. Bel risultato, poi: si sono uccisi senza pietà per decenni e ora Israele e Palestina sono ancora davanti uno all’altro in guerra. L’avessero risolta prima forse quel che accade oggi non ci sarebbe. Forse l’occidente non avrebbe dovuto ragionare con il senso di colpa per l’Olocausto”.
Federica sta cercando visibilmente di capire, legge in rete, vuole dare un senso alle sue paure. Aggiungo, solo perché abbia più riferimenti, il colonialismo e l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Ma mi rendo conto che non è poi di una lezione di storia che ha bisogno. Le sue parole vanno terribilmente al di là della storia. “Io sono giovane e voglio vivere. Che cosa ottengono andando al Bataclan? Ma ci pensa a questi che si mettono davanti a dei ragazzi che sono andati a un concerto e li uccidono scientificamente uno per uno? In pochi mesi abbiamo cambiato senso alla nostra vita. Hai voglia a dire che non bisogna fare il loro gioco, ma io se devo partire vado alla Tiburtina, anche se poi questi arrivano ovunque come in quella parrocchia in Francia. Sono andata a un concerto e a difenderlo c’erano i carri armati, ma si rende conto, i carri armati…Anzi, a un concerto (Federica racconta quale) a un certo punto è saltata la luce. E’ stato un attimo, in migliaia abbiamo rivissuto di colpo l’incubo del Bataclan, è scattato il panico, c’è stato il terrore, le assicuro, con la tentazione di scappare alla cieca, poteva essere una tragedia. Penso a Bush, a quelli che erano contenti di fare le guerre in giro per il mondo, ora ci stiamo andando di mezzo noi, ma poi ci vanno di mezzo anche i musulmani, anzi a pensarci saranno loro le prime vittime.”
Federica parla con proprietà ma il suo tono mette addosso l’angoscia. Non per quello che accade, ma per l’ingiustizia piombata addosso alla sua generazione. “In guerra, siamo in guerra, e chi l’avrebbe detto, non sappiamo nemmeno che cosa fare. Almeno, lo so che non dovrei dirlo, certi attentati avevano la grandezza della storia, ma si può morire per dei pazzi, per un terrorismo fai da te, perché ormai l’hanno lanciato il messaggio, uccidete come volete e noi rivendichiamo? Si può morire così, senza significato?”. Vaglielo a spiegare a Federica e al suo sgomento innocente che anche questo è la storia.
(scritto sul Fatto Quotidiano del 30.7.16)
Nando
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