Venti di Scozia. Tra colpi di fortuna, musei gratis e allieve giramondo

Lo so, vi sono mancato. Già arrivava il suono dei lamenti, ma quanto stai via, ma quando ricominci, e io sono tornato. Per affezione, perché voglio informare con la regolarità che posso i miei molti amici sparsi per il mondo. Ma anche un po’ per vanità, lo confesso. Quando uno vede che i suoi post vengono letti da 300 o 350mila persone, come quelli su Provenzano o su Bianca Berlinguer, un po’ si monta la testa. Ma io me la massaggio subito al ribasso, giuro. Ho dietro di me i venti di Scozia, avendo viaggiato otto giorni con la Biondina per una Scozia ventosissima. Bel viaggio, con autentici e impagabili colpi di fortuna, come quello di finire sul ferry per l’isola Arran, vicino Glasgow, dentro reparti in gonnella impegnati in un fantastico torneo di cornamuse. Tu fai la foto a quello che se ne sta in kilt a suonare per strada, un po’ come la coppia dei soldati romani al Colosseo; e poi ti ritrovi in mezzo a un esercito vero, uomini e donne di tanti clan, con colori sociali (dei kilt) diversi e boccali di birra sempre pieni, che ti fanno sedere in mezzo a loro, contenti e pronti a suonare in armoniosa andatura collettiva per le strade dell’isola dove anche tu stai sbarcando. Neanche a pagarli…

Quando ci andai da ragazzo la prima volta scoprii che la Scozia aveva immensi campi di fragole, che le ragazze nei pub erano gentili e gli automobilisti pure, ti davano i passaggi per strada. Ora ho scoperto che la Scozia non è tirchia affatto, e che anzi tutti i musei comunali sono assolutamente gratuiti, come le cattedrali più belle (altro che spillare soldi ai visitatori con la scusa che “si fa così in tutto il mondo civile”!). Puoi girare per due giorni senza spendere nulla. Ho amato il museo del giocattolo a Edimburgo (vedi foto), avrei amato anche quello del calcio a Glasgow (città sottovalutata assai), ma non avevo tempo; ho fatto in tempo però a imparare che il gioco del calcio non è stato inventato in Inghilterra, come si dice, ma è nato proprio in Scozia negli anni ottanta dell’ottocento. E poi mi ha impressionato (positivamente, e quanto…) il rispetto sacrale che il Paese ha per tutti i luoghi in cui si ricordano i caduti di guerra. I messaggi scritti al visitatore sono dati con una solennità che non sbava mai nella retorica. Nei dintorni nessuno gioca o ascolta musica o starnazza al telefono. Rispetto e basta.

Per ora mi fermo, il mio rientro sui vostri schermi l’ho fatto. Non so le cose di Italia, domani mi aggiorno. Ma non sarei completo nel mio rapporto se non vi dicessi che a Edimburgo ho incontrato in un ristorante italiano, indovinate chi? Ma Arianna, mia studentessa, la prima laureata nel nuovo insegnamento di Sociologia e Metodi di Educazione alla Legalità, tesi innovativa sulla sottrazione della patria potestà ai boss mafiosi. Fa la cameriera, impara l’inglese, e intanto pensa al suo futuro prossimo. Sì, sono sparsi in tutto il mondo, e anche per questo continuo a credere che avere questi studenti sia un privilegio che non vale alcuna somma di denaro. Toh, l’ ho detto, e ora che nessuno si monti la testa.

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