Dario Fo. L’addio a un uomo che non divenne saggio

Funerali sotto ombrelli sempre più aperti stamattina in piazza Duomo. La pioggia battente ha fatto un dispetto a Dario Fo, e soprattutto a una parte della città che avrebbe voluto dargli l’ultimo saluto. La piazza era comunque il ritratto fedele del mondo di Fo. Che non può essere schiacciato sul movimento 5Stelle, come ho visto fare. Queste operazioni sono sempre caricaturali. La sua storia è stata lunga. Sarò stato nel posto sbagliato, ma intorno a me c’era soprattutto la Milano ex sessantottina, c’era il sindacato militante che ancora ricorda i suoi passaggi generosi nelle fabbriche occupate, c’erano insegnanti che con lui hanno allargato i propri orizzonti di cultura teatrale, c’era una Milano, col suo hinterland anche, che per decenni ha vissuto con radicalità il proprio impegno pubblico. E per questo si è riconosciuta nel suo intellettuale affabulatore diventato premio Nobel. Ha detto bene Carlin Petrini: non ha senso separare l’attore, l’autore teatrale, il giullare, dalle sue idee politiche: per lodare il primo, svilire le seconde. Arte teatrale e politica per lui sono stati tutt’uno. Mi ha commosso Jacopo, il figlio, piuttosto. Un’emozione coinvolgente, più volte la voce gli si è rotta ricordando i genitori, i racconti ricevuti in dote da bambino, la schiena diritta e la libertà irriducibile di Dario e Franca; oppure immaginando il loro nuovo incontro. Non c’era una punta di retorica nel suo vagare con la parola sotto l’acquazzone. C’era solo un sentimento, timido, deciso, di orgoglio e di rimpianto. Poi, di fronte all’Arengario sotto i portici, è stata musica della banda degli ottoni. Bellissima. La gente cantava, non aveva voglia di piangere. Aveva ancora in mente la frase del Ruzzante (e di Shakespeare) ascoltata pochi minuti prima: sono invecchiato troppo in fretta, non ho fatto in tempo a diventare saggio.

(P.S. voglio però qui ricordare anche l’avvocato Luca Boneschi, garantista sincero, persona per bene, difensore dei diritti di libertà in molti processi; purtroppo anche lui se ne è andato in questi giorni)

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10 commenti

  1. “Che non può essere schiacciato sul movimento 5Stelle, come ho visto fare” ? Lei vorrebbe negare la realtà. Dario Fo era uno dei “rappresentanti” e sostenitori del M5S e si era chiaramente schierato. E’ innegabile e giusto, non c’è nulla di male, anzi…

  2. Un artista non può essere inquadrato in un movimento se non interviene nella politica attiva. Altrimenti andrebbe ricordato anche come fascista (è stato repubblichino) o comunista estremista, cosa che è stato per tantissimi anni. E dovremmo dire che in vecchiaia era tornato ad essere fascista ed estremista e quindi aveva appoggiato dall’esterno il M5S. Invece non diremo nulla di tutto questo. Lo ricorderemo tutti “solo” come un grandissimo e geniale artista italiano che rimarrà nella storia.

  3. Non mi associo ai commenti di cui sopra (o sotto).
    Ma un appunto lo faccio.
    C’era presente un sindacato militante? Esiste un sindacato militante?
    Non credo.
    E non temo smentita

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