Le sorprese della vita. I miei alleati quindicenni
Un bellissimo sole autunnale inonda corso di Porta Romana. La professoressa che mi ha invitato aspetta dentro l’atrio. Scuola “Bertarelli”, istituto professionale, di quelli dove fare cultura civile è per convenzione più ostico, “mica è il liceo”. Rachele Capristo è una insegnante calabrese di lungo corso. Viene da Rossano Calabro, provincia di Cosenza. Ha spiegato al telefono e per mail che lei e i suoi studenti stanno facendo un lavoro sulla memoria delle vittime di mafia. Che hanno scelto mio padre e vogliono sapere di più della sua storia. Temo, chissà perché, una cosa approssimativa. Mi ricredo subito. Accanto alla prof ci sono due ragazze alte. Una si chiama Alessia e presenta con la precisione di un ufficiale di picchetto il lavoro della classe. L’altra si chiama Anna e fa da testimone, ragazza sandwich fra due grandi cartelli. Uno dice “Teniamo aperte le finestre alla memoria”, l’altro “Nella memoria la vita”, con accanto alla scritta una foto di mio padre. Mi dà il benvenuto la preside Amelia Catalano; anche lei meridionale, beneventana, anche lei sostiene il progetto.
Classe II AT, ossia quindicenni dell’indirizzo turistico. Un po’ più di una ventina, diversi di origine straniera. Ci sono altre due professoresse e una mamma. E scopro come questa classe a me del tutto sconosciuta stia entrando nella mia vita. Hanno deciso di studiare mio padre (“il grande dalla Chiesa”, dicono due volte) non solo per conoscerlo ma per ricordarlo. Vogliono occuparsi del suo monumento in piazza Diaz, a cento metri dal Duomo, la grande fiamma del carabiniere che volle fare erigere lui quando comandava l’Arma del Nord a Milano. I ragazzi, in realtà soprattutto ragazze, sanno quando quel monumento è stato realizzato, sanno il nome dello scultore (Luciano Minguzzi), e sono già andati sul posto. Lo hanno filmato, hanno visto che le parole della lapide dedicata a lui sono poco leggibili, troppa polvere sopra, hanno intervistato gli adulti di piazza Diaz, passanti e negozianti, chiedendo se sapessero qualcosa di quel monumento. “Nessuno ne sapeva nulla, tranne un giornalista e un signore anziano. E allora ci siamo messi noi a spiegarlo, a raccontare del generale e della lapide”. Eccoli, i tempi che cambiano. I quindicenni che raccontano la storia agli adulti. Mi mostrano la foto della lapide. E scopriamo insieme una cosa che dice molto sulla memoria: quel generale, sta scritto, fece una “tragica scomparsa”, chissà di che è morto, se qualcuno l’ha ucciso e chi. C’è da tempo la richiesta di molti insegnanti di far scrivere “ucciso dalla mafia”. I ragazzi condividono, d’altronde sta prendendo piede a Milano il turismo antimafia, non lugubre ma civile, speranzoso, alla Pif diciamo, tipo “La mafia uccide solo d’estate”. Le scuole preparano itinerari che vanno dai luoghi dei giusti ai beni confiscati agli uffici del malaffare finanziario.
Viene deplorato che proprio davanti al monumento vengono lasciate in sosta a nascondere ogni cosa auto in sosta vietata, talora in doppia fila, anche se un consigliere comunale, Rosario Pantaleo, sta conducendo da anni una battaglia per sottrarre quel luogo al degrado del traffico. I ragazzi fanno domande sul generale. Un’altra Alessia (“qui ci sono tre Alessie”) chiede se da bambino ho mai desiderato di fare anch’io il carabiniere. Andrea (ragazza pure lei) chiede che cosa il generale dicesse in famiglia del suo lavoro. Daniela che tipo di padre fosse. Elisa se sono stato contento quando hanno condannato gli assassini. Restano colpiti nel sapere che non poté permettersi di regalarmi una festa di laurea. Due ragazzi riprendono tutto l’incontro e la conversazione, la professoressa Capristo spiega che vogliono fare un filmato da presentare in un convegno regionale il prossimo 23. “Insegno da trent’anni”, dice, “e questa è la mia ragione di vita; la legalità è l’unica risorsa che può fare la differenza in questo paese”. Infine mi annunciano che hanno preso una decisione: andranno due volte all’anno a prendersi cura della lapide e a portarci dei fiori, così prima o poi quelli che stanno in piazza capiranno. Sono uscito pensando che è incredibile che dei quindicenni si pongano problemi che gli adulti non si pongono (il decoro del posto, di che cosa è morto…). E che ha qualcosa di prodigioso trovare sulla tua strada questi alleati speciali, questi sconosciuti innocenti, che arrivano anche da altre parti del mondo per portare un fiore a una persona che ti è cara. “Professoressa, quando ci andate me lo dica. Vengo anch’io”.
(scritto sul Fatto Quotidiano del 5.11.16)
Fabrizio Sabbatini
Grazie Professore. Ciò dimostra quanto sia importante per i giovani avere dei riferimenti concreti e la testimonianza diretta dei fatti realmente accaduti. Un grazie alla Professoressa ed alla Preside, che con la loro sensibilità lasciano in queste giovani coscienze un seme preziosissimo.
Grazia Iardella
Non potrei esprimere meglio ciò che ha scritto Fabrizio Sabbatini , condivido ogni parola e ringrazio Lei professore per ciò che, instancabilmente, trasmette ai suoi studenti e a noi tutti.
Giancarla Carla Mazzon
Professore ringrazi per me questi giovani. Aver letto di questa sua bella esperienza mi ha fatto, finalmente, respirare aria fresca, nel clima mefitico dI questi Tempi. Grazie
Elena Di Lorenzo
Grazie caro Professore, grazie per tutto. L’articolo mi ha commossa. Attendo con ansia di passare in Piazza Diaz e di leggere ucciso dalla MAFIA. Un abbraccio
Renata Biagioli
Grazie professore per tutti gli articoli che leggo sul Fatto Quotidiano e per i suoi libri sempre così vero ed interessanti.
Chiara Moresco
Quando andate… ditelo anche a noi!
Grazie!
Renato Donato
Fa piacere vedere e sentire delle persone con un impegno sociale così attivo ed instancabile. Grazie Nando.
Fanni Fanelli
Grazie a lei ma anche all’ insegnante, alla Preside, a persone così sensibili, ce n’è proprio bisogno, oggi più che mai. Leggendo l’articolo mi sono commossa, questi giovani ci fanno ben sperare.
Gilda Arcuri
I ragazzi sono sempre una meraviglia se si impara ad ascoltarli e a mettere in moto il mondo ricchissimo che hanno dentro e che manco sanno di avere
Mariella Raino'
Che bello Nando! I ragazzi sanno sorprenderci, e hanno in piu’la spinta in avanti, nonostante tutto.Per questo li amo.
Gloria Stefanati
Bellissima iniziativa…speriamo sia contagiosa! Grazie e tutte le belle persone che con il loro esempio contribuiscono a rendere migliore la vita di tutti!
stent032012
Semplicemente strepitoso. NELLA MEMORIA LA VITA mi ha caricato come un altro motto a me caro: NEI SECOLI FEDELE. Le figure di coloro che hanno combattuto per difendere gli onesti sono quelle che bisogna sempre ricordare; tutti i libri didattici di Storia dovrebbero iniziare a parlare di questi Uomini già dalle loro prime pagine per poi sviluppare un costante percorso di completamento e riflessione negli anni successivi. Gli Eroi Positivi fanno sognare ma gli Uomini come il Generale sono un pò più forti perchè cambiano il mondo mentre lavorano per noi e hanno la forza di cambiarlo anche quando non sono più tra noi.
Sergio