Un’allieva dai capelli candidi. Ovvero, quando a Firenze c’erano La Pira e Calamandrei
Ma chi sarà quella signora in seconda fila? Quella allieva che compare oggi per la prima volta con i suoi capelli candidi e le sue rughe solari dando l’aria di sapere praticamente tutto di quanto dico su letteratura e mafia? La signora sembra vivere la lezione su Carlo Levi e Danilo Dolci come un nostalgico ripasso. E gli occhi le brillano a sentire alcuni nomi. In particolare quando racconto di Pertini che accompagnò alla Procura di Palermo la madre di Salvatore Carnevale, il sindacalista contadino ucciso dalla mafia nel maggio del ’55. O quando proietto la slide con le parole più celebri dell’arringa di Piero Calamandrei davanti al Tribunale di Palermo in difesa di Danilo Dolci. Era la primavera del 1956. Ma anche quando cito alcune parole della Costituzione che hanno contrassegnato il nostro meridionalismo più nobile: diritto, giustizia, promozione. Più volte durante la lezione mi viene la curiosità di chiederle chi sia e come sia capitata in questo corso così di improvviso. Ma non sta bene.
Alla fine però è lei che viene a presentarsi. Da vicino è ancora più solare, ha un sorriso aristocratico. Spiega di chiamarsi Ilaria Furno, di essere cresciuta a Firenze. Di essere figlia di Carlo Furno, professore di procedura civile e assessore nella giunta di La Pira; e di essere nipote di Paolo Barile, il grande costituzionalista. Racconta di avere conosciuto Calamandrei da bambina. “Veniva spesso a casa mia, e io lo ricordo come un uomo spiritosissimo, mi piaceva da morire starlo a sentire mentre raccontava le barzellette con quel suo accento fiorentino. Pensi che quando sapevo che era invitato a cena io chiedevo ai miei genitori di potere mangiare con loro, tanto lo trovavo divertente. Prima guardavo sulla sua slide l’arringa per Dolci e pensavo che sarebbe morto dopo pochi mesi”. Ecco, mi dico, io non ci avevo nemmeno fatto caso preparando la lezione, lei l’ha notato di colpo. “E anche Carlo Levi, sa? Anche lui nel periodo fiorentino frequentava casa nostra. Era elegante, stava vicino a Ponte Vecchio. La mia famiglia conosceva diverse di queste persone che hanno un po’ fatto la storia d’Italia. Pensi che una volta che Pertini venne qui a Monaco mi telefonò il capo della sua segreteria, Antonio Maccanico, per avvisarmi che il presidente mi avrebbe visto volentieri. Ci andai e lui mi spiegò ‘faccio parte anch’io dei pipaioli’, per dire che era amico di quei fiorentini che fumavano la pipa”.
Se ne va la signora, promettendo di tornare il giorno dopo. Qualcuno mi spiega che di cognome fa Furno Weise e che è stata la storica lettrice di italiano presso il dipartimento di filologia italiana di Monaco, il più importante d’Europa. Il giorno dopo torna con una borsa piena di ricordi preziosi. Me li allinea su un banco. C’è una lettera di padre David Maria Turoldo, su carta intestata della “Domenica del Corriere” (“risposte al lettore”): “se sperassimo tutti insieme e nella direzione giusta”, le scrive il grande frate, “sono certo che la storia del mondo si muoverebbe in quella direzione. Perciò dobbiamo (sottolineato) sperare”. “Ah, quando padre Turoldo predicava a Firenze alla Santissima Annunziata, alla messa di mezzogiorno, tirava fuori quella voce che pareva un tuono e intimava di andarsene a chi fosse lì solo per chiedere favori”. Accanto alla lettera c’è un vecchissimo numero dell’ “Espresso” formato lenzuolo, 1972, che parla di mafia profeticamente: “Se tutta l’Italia diventa Sicilia” è il titolo a tutta pagina. C’è anche un numero tra i più noti dei “Siciliani”, la rivista di Giuseppe Fava, sulla giustizia corrotta a Catania. E c’è la copia della “Repubblica” del 24 maggio 1992, la prima pagina a lutto, dedicata alla tragedia del giorno prima: in mezzo la foto di Giovanni Falcone. “Ce li ha? Li vuole?” mi chiede. Indugio davanti a tanta gentilezza, chissà con quanto amore sono stati custoditi nei decenni questi reperti. “Li prenda, con lei queste cose almeno vanno avanti. Con me non molto. Io sto facendo un altro riassunto della mia vita”.
La staffetta. La staffetta tra l’“allieva” che ha vissuto pezzi grandi della più bella storia d’Italia e il sociologo venuto a fare il suo corso da Milano, a cui lei avrebbe tante cose da insegnare. Alla fine ci abbracciamo. La signora Ilaria Furno Weise si commuove. “Domani le do il mio biglietto da visita”. Sente leggere le ultime bellissime quattro pagine dello “Spasimo di Palermo” di Vincenzo Consolo, quelle sui giudici palermitani, con gli occhi lucidi, poi se ne va nella sera fredda. E io penso alla fortuna di averla conosciuta.
(scritto sul Fatto Quotidiano del 10.12.16 e colpevolmente rimasto nella chiavetta per via dei viaggi…)
Iacopo Dambrosio
La pira calamandrei nardella. La vita è davvero sorprendente
Sabrina Greco
Lei è un signore.
Giancarla Carla Mazzon
Una testimonianza di Vita. Mi sono commossa per la sua sensibilità. Un incontro di Anime.
Valter Monteleone
… e io penso alla fortuna di avere conosciuto Nando !
Frances China
Il tocco gentile ed il modo efficace con cui descrivi le Persone …
Marilena Quarello
Non poteva metterle in mani migliori!!!
Mery Mangoni
E’ sempre piu’ raro, davvero, trovare persone che sappiano cogliere, valorizzare e raccontare i tratti migliori degli altri.. L’imperativo oggi e’ criticare con sarcasmo. Forse chi ha coltivato con costanza la parte migliore di se sa apprezzare, specularmente, la qualita e le scelte di qualita’. E la generosita’ di “consegnare” al futuro la propria storia e i propri valori…