Rozzano. L’antimafia cresce nello stanzone di Moretti

Sembra di essere in un film di Nanni Moretti. Uno stanzone a pianterreno, infilato nel mezzo di due palazzoni popolari. Un quadro del Quarto Stato accostato a una parete. Alcuni scaffali disadorni. Tre persone dietro un tavolo a parlare. Di fianco a loro, un po’ di traverso, un giovane, a testimoniare che c’è un futuro. E diverse decine di persone sedute in fila davanti agli oratori. Attente ed espressive, pronte ad annuire, come se ascoltassero le cose che da tempo desideravano sentir dire. La gran parte del pubblico ha età matura, diversi capelli bianchi, ma anche un po’ di giovani. Insomma, sembra una perfetta sezione del Pci di una volta.

E invece è la Lombardia di questi tempi, con la sua difficile rimonta contro i clan che ne stanno colonizzando i territori. Nello stanzone, che è sede di una cooperativa di disoccupati, si mescolano militanti dei 5Stelle, della sinistra più radicale, della lista Ambrosoli o anche del Pd; a cui si aggiungono cittadine (molte) e cittadini impegnati in associazioni, scuole o università della terza età, cooperative. Tutti concordi sul fatto che si debba sbarrare la strada all’avanzata ‘ndranghetista in questo grande comune dell’hinterland sud di Milano: Rozzano, ex paese di immigrati, cresciuto fino a 42mila abitanti, tanti meridionali, la percentuale più alta d’Europa di case popolari (in foto) sul totale delle abitazioni cittadine. Paesone-città con le sue enclaves dove gira droga e dove di legalità è meglio non parlare; e dove si amministra per favori più che per diritti. Rozzano in via Lazio, una via che “quand’ero bambino i miei genitori mi vietavano di venirci”, racconta un signore, e tutti fanno segno di sì con la testa, per dire che cosa sono stati certi quartieri nella vita della città. Non ci sono clan famosi a Rozzano, ma c’è un clima di omertà, e ci sono le scritte sui muri contro “gli sbirri”. I presenti dicono che bisogna cancellarle, tutti insieme, costruendo prima larghi consensi. Qualcuno dice che qui ci sono dei campani che fanno e trafficano, e anche che bisogna stare molto attenti a una certa cooperativa.
Ha una giunta di sinistra, Rozzano, un monocolore Pd. Una fila di giunte di sinistra, eppure non riesce a costruire un progetto di rinnovamento. Una meraviglia di biblioteca, ma mai lo scatto. Hanno partorito in consiglio comunale un osservatorio sulla legalità. Una signora in prima fila denuncia che non l’hanno mai convocato. Uno degli oratori sfoglia il testo istitutivo e osserva una stranezza: la parola “mafia” non vi compare in alcun punto. Come mai?

Ecco, qui Nanni Moretti non c’entra proprio più. In quelle sezioni non si discuteva di queste cose. Mica si parlava di criminalità organizzata. Questa è invece la rivoluzione che nessuno si aspettava. C’è una grande domanda di liberare l’hinterland milanese dalla mafia incombente. Ma bisogna stare attenti, perché qui le amministrazioni locali le critiche le amano poco, ed è tutto un fiorire o un minacciar di cause, penali o civili non importa, l’importante è mettere in riga i dissidenti. Poi ci sono le punizioni misteriose. Nello stanzone c’è un ex assessore della vicina Corsico a cui una sera hanno tagliato tutte e quattro le gomme dell’auto. Mentre proprio a Rozzano c’è stata la storia di un consigliere comunale che dei signori poco amichevoli sono andati a trovare fin sul posto di lavoro, pretendendo di portarselo fuori, e per fortuna è intervenuto il “principale”. Ci sono in tutto l’hinterland milanese storie di auto di oppositori incendiate o devastate. E’ in corso, anche se non lo si coglie sempre, una vera, difficile storia di liberazione del Nord, che il “Fatto” sta raccontando da solo in diretta. Non per nulla fuori dalla cooperativa Nuova, intestataria dello stanzone, i capannelli se la pigliano con una giustizia che ancora non riconosce la mafia in paesi in cui la mafia esiste con matematica certezza da decenni.

Guido De Vecchi è consigliere comunale, lista civica, mi prende da parte indicando lo stanzone che ci ha ospitato: “Lo vede? Qui vengono periodicamente i ragazzi del ‘Balzo’, una cooperativa di disabili con la loro web radio. Ecco, a me piacerebbe che diventasse una specie di grande portineria sociale. Ci lasci le tue cose, magari chiedi ospitalità per un’ora per i bambini se hai delle commissioni da fare. E’ importante restituire socialità ai luoghi. Riempire i vuoti. E’ una battaglia lunga. Stasera era necessario che dicessimo queste cose insieme”. Vero: insieme per non sentirsi soli. Perché purtroppo non si scherza più.

(scritto sul Fatto Quotidiano del 12.5.17)

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