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“Pi amuri. Ballata per fiori innamorati”. Tre attrici contro la mafia
Brutta (e felice) bestia quest’antimafia. Appena qualcuno la strapazza e scrive per la centesima volta che è finita, travolta dai vizi di qualche incerto protagonista, te la ritrovi che risorge e si moltiplica nei luoghi e nelle forme più impensati. E niente lussi e prebende, proprio quella dai piedi scalzi continui a scoprire. “Storie italiane” aveva appena finito di raccontare i cittadini in rivolta nello stanzone a pianterreno tra i grandi caseggiati popolari di Rozzano, e si è subito imbattuta in un’altra bella storia all’estrema periferia nord-est di Milano, a duecento metri da Piazza Udine, dopo la ferrovia. Dove proprio nulla richiama gli eterni veleni dei Palazzi siciliani, ma tutto sa di entusiasmo e di genuinità popolare. A partire da chi è in coda per entrare in un teatrino povero e decoroso in un cortile senza piante, si chiama Campo teatrale. Un ingresso per la scuola di recitazione, l’altro ingresso per il palco.
Lì tre giovani attrici in nero si muovono, danzano, compongono gruppi fantasiosi, mandando in scena uno spettacolo scritto interamente da loro: “”Pi Amuri. Ballata per fiori innamorati”. Dedicato a figure di donne in lotta contro la mafia per amore. Aprono le due giovanissime cognate ribelli della Partanna ultimi anni ottanta, Rita Atria e Piera Aiello, mentre sullo sfondo compare Paolo Borsellino, allora procuratore capo a Marsala; poi è la volta di Saveria Antiochia, l’anziana madre di Roberto, il poliziotto che fece da scorta volontaria all’amico commissario Ninni Cassarà, per finire sfigurato dai kalashnikov insieme con lui; e infine la grande storia che ha coinvolto Milano, Lea Garofalo con la figlia Denise.
Uno spettacolo originale, che scoppia di energia, irriverente, anche inaspettatamente comico data la materia, ma sempre teso, commovente. Lucia Nicolai, Benedetta Marigliano, Eleonora Iregna, coetanee tra i 28 e i 32, hanno fatto tutto senza regista e sceneggiatore. Si sono avvicinate al teatro imparandolo in luoghi diversi. Corsi al liceo classico o al Comteatro di Corsico, al Grock Scuola Teatro o ai Teatri Possibili o all’Arsenale, due di loro passando con impegno diverso per la Paolo Grassi, con esperienze di animatrici o educatrici nei contesti più difficili, disabili e quartieri periferici, delle quali nello spettacolo arriva tutta la vitalità. E studi in lettere e dintorni. Nel loro pedigree, invece, poca o pochissima antimafia. Qualche libro, o racconti del “primo fidanzato”.
Eleonora ha partecipato a qualche incontro o manifestazione, “ma con ‘Pi Amuri’ è la prima volta che mi impegno direttamente”. Un campo di Libera per Lucia, la più adulta, 32 anni: a Sessa Aurunca, “dove ho incontrato persone che mi hanno fatto vedere, sentire e credere, ancora una volta, che un modo diverso di pensare e di agire è possibile”. Una fiaccolata all’Arco della Pace in ricordo di Lea Garofalo per Benedetta, “mi aspettavo tante fiaccole e invece no, mi sembrava che fossimo in pochi, e allora ho pensato che dovevamo allargare la memoria”. Da lì il progetto: “avevo urgenza di raccontare queste storie, ho coinvolto Lucia e Eleonora, attrici come me e amiche, e insieme abbiamo agito, letto, studiato, incontrato, ascoltato. Ed è iniziato il nostro lavoro”.
Con la scoperta progressiva delle figure femminili. E il genio creativo che hanno in dono solo quelli della “prima volta”. In più il grande denominatore comune, che si staglia quasi come un marchio d’autore sullo spettacolo. Perché sia Lucia, sia Benedetta sia Eleonora vengono dagli scout, come dice (ma lo si capisce dopo) il nome stesso della compagnia: “Il bivacco”. Si resta perfino affascinati da come in tante scene traspaia quella speciale inventiva che si fa ogni volta narrazione e gioco per i bambini, o l’amore per i racconti di gruppo nei campeggi sotto le stelle.
Il teatrino è totalmente pieno nei suoi cento posti, come anche la sera prima. Qualcuno è rimasto senza biglietto. In platea un pubblico che, nelle sue tante sfumature sociali, esprime la città delle fatiche quotidiane. E che ascolta quelle storie con stupore, quasi incontrando personaggi di favole lontane, ma sapendole subito far proprie, come dicono i visi e gli occhi inumiditi tutt’intorno, quando le luci si riaccendono. Nel lunghissimo applauso finale e nei tre volti giovani, allegri e commossi insieme, c’è l’antimafia che nasce e che rinasce ovunque. Poiché è in fondo anima del paese, popolo in cammino, non repertorio di celebrità spesso pompate (e sgonfiate) dai media. Ma quando lo si capirà?
(Scritto sul Fatto Quotidiano del 20.5.17, e qui pubblicato con colpevolissimo ritardo….)
Nando
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