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Un Dante piccolo piccolo. E la gioia di papà Marco, studioso portoghese innamorato dell’Italia
Siamo sinceri. Quanti di noi chiamerebbero Dante il proprio figlio o auspicherebbero che così venga chiamato un nipote, senza avere conti aperti in famiglia con nonni eroi di guerra o zii senza discendenti? Ecco, Marco ha chiamato il suo bimbo proprio così. Di slancio. “E’ nato il Dante”, mi ha comunicato gioioso qualche settimana fa. Solo che Marco (in foto) di cognome fa Gomes, ed è portoghese.
Un portoghese speciale, ovviamente. Che da una decina d’anni e più si occupa di cose italiane e ama profondamente l’Italia. Ebbe l’idea di fare un dottorato di ricerca da noi su un tema che incantava le sue molte anime: come la stampa italiana aveva trattato la Rivoluzione dei garofani, quei mesi di festa e di speranza che giunsero nel 1974 con i militari del colonnello comunista Otelo de Carvalho a rompere la lunga dittatura fascista. Italia, giornalismo, politica e spirito ribelle. Non poteva desiderare di meglio, Marco. Si tuffò nelle biblioteche e negli archivi nazionali scandagliando con passione certosina il “Corriere” e il “Messaggero”, il “Giorno” e l’“Unità”, i settimanali e i documentari. Aveva già un certo amore per la letteratura e la lingua italiana, trasmessogli all’università di Coimbra da Rita Marnoto, studiosa illustre di Petrarca e Pirandello. Leggendo e compulsando imparò la lingua quasi alla perfezione. Ma finì anche che si appassionò alle cose d’Italia. Come non vedere, sfogliando le raccolte, i titoli del ’75 o del ’76 che aprivano le pagine di ogni giorno? Insomma, gira e rigira “perse” tempo e si mise a studiare la corruzione e gli scandali nazionali, e i problemi del nostro giornalismo, la nascita del “Giornale” e di “Repubblica”, il bubbone della P2 in via Solferino, e alla fine la mafia. Naturalmente i tempi del dottorato si allungarono. Parve a un certo punto che Marco volesse accasarsi da noi. Pieno di amici, aveva acquisito competenze rare anche per un italiano e in più mieteva successi grazie ai suoi tenebrosi occhi verdi. Ogni tanto fuoriusciva dalle immersioni bibliotecarie per riferire notizie che nessuno aveva. Ad esempio che quel tale Girolamo Messeri già senatore siciliano e misteriosamente citato da Giulio Andreotti in un dialogo riservato (poi diventato storico), aveva avuto un ruolo nella diplomazia italiana in Portogallo, lavorando dietro le quinte per puntellare il regime fascista contro la rivoluzione. Per dire che tutto si tiene. Perciò lo addentò nelle sue ricerche, finché non ne seppe tutto.
Poi la festa finì. Marco dovette tornare in Portogallo. Nella sua Coimbra. Soldi finiti, ciao Italia. Ma gli è rimasta appiccicata la passione per il nostro paese, compresi i suoi scandali, compresa l’avanzata dei clan di camorra in terra lusitana. Dice anzi che gli si è “scatenata ancor più dentro la voglia di studiare la mafia”. Nel frattempo è diventato adulto e ha iniziato a insegnare. “Mi hanno dato un buon contratto nel politecnico di Leiria. Non lo so come verrà dopo, ma per ora non è andata male. Sto facendo lezione di ‘Storie del Giornalismo’, che bello potere parlare del giornalismo italiano, l’ho messo sul programma. E poi faccio ‘Analisi del Discorso’ e ‘Sociologia della Comunicazione’. E insegno anche alla facoltà di Coimbra”. Da qualche tempo Marco lavora anche in un centro di ricerca. Se gli chiedete per mail dell’Italia, la risposta sembra sempre un sorriso messo per iscritto. Dopo il tradizionale “Saudade!”, che in lui è programma di felicità, vi inonda con una valanga di progetti. Uno su tutti gli sta a cuore, e l’ha proposto alla Fondazione di Ricerca Portoghese: studiare come il giornalismo del suo paese rappresenta le mafie d’Europa e soprattutto quelle d’Italia. Giura che ci lavorerebbe anni. E sogna di riuscirci, prima o poi. Testuale: “Ma forse è meglio dirlo di un’altra forma. Professore: io soltanto penso tornare in Italia per studiare le mafie”.
Intanto si è messo a organizzare due convegni per l’autunno. Il primo a Coimbra: corruzione, politica e giornalismo. E il secondo a Lisbona: giornalismo e criminalità organizzata. Insomma, uno spirito entusiasta in un’epoca di malmostosi. Uno spirito desideroso che tutti i suoi ospiti provino per il Portogallo quel che lui prova per l’Italia. E che (lo credereste?) quando ha saputo di aspettare un bambino dalla sua Silvia ha preso letteralmente il volo per l’appuntamento con la vita. Ma di quale convegno parlate? Ho altre notizie. “Prima: sono diventato papà. È nato il Dante. Spettacolo!!!”. Segue foto di delizioso faccino bruno. Che bello vedere le persone felici.
(scritto sul Fatto Quotidiano del 3.6.17)
Nando
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