Beni confiscati. Se Rescaldina tesse La Tela…

Metteteci un sosia di Guccini, un bonario professore di scienze, un gruppo di giovani colti e combattivi ed eccovi La Tela, nuovo mito del Nord che rifiuta i panni di don Abbondio. “La Tela osteria sociale (del buon essere)” è ormai la bandiera di Rescaldina, comune dell’area metropolitana milanese. Gli amanti della legalità che vanno a visitare i beni confiscati o i locali di Libera e Addio Pizzo in Sicilia, hanno aggiunto da un po’ di tempo nei loro programmi questo nome tutto lombardo. L’impresa dà lavoro a una decina di persone, compresi dipendenti svantaggiati o rifugiati, secondo il miglior modello di riuso dei beni sottratti alla criminalità mafiosa. Un edificio basso e largo sulla Statale Saronnese. Una sala ristorante e tre sale da osteria-pizzeria, menù diversi. Sono tutte intitolate a vittime di mafia: la prima ad Angelo Vassallo, il sindaco pescatore; la seconda a Pietro Sanua sindacalista del commercio milanese, la terza a Barbara Rizzo e ai suoi due bambini, i gemellini Asta, uccisi nella strage di Pizzolungo trentadue anni fa. Sotto il piatto fumante di gnocchi di zucca all’amaretto, la tovaglia di carta. Un’elegante mappa dei fornitori, dalle mozzarelle di bufala che vengono dalle terre di don Peppe Diana all’olio extravergine che arriva dalla Casa dei giovani di Castelvetrano, dal commercio equo e solidale al chilometro zero. In testa al menù, in corsivo piccolo, un monito di Gian Carlo Caselli sulla necessità di un’antimafia sociale e culturale, e l’ultima, drammatica frase di Borsellino.

E voi direte: sai che cupezza. E invece nient’affatto, perché alla “Tela”, e me l’avevano garantito i miei studenti, tira un’aria spumeggiante di allegria. Nel personale che serve, felice di crescere dentro questa economia pulita. Nei giochi per bambini che affollano la sala in fondo (quella dedicata ai gemellini Asta), nel piccolo palco semiovale dove si suona jazz, si racconta il rock o si canta Pino Daniele, negli avventori intorno, dai turisti inglesi portati qui dalla fama del posto al gruppo di anziane clienti che si divertono un sacco e brindano con impagabili “forza ragazze”. Ti mette allegria anche lui, il capo di tutta la baracca, Giovanni Arzuffi, che sembra un Guccini ringiovanito (vedi foto), e d’altronde fa il musicista. Raccontano che se la cavi proprio bene con la fisarmonica, e sappia di video musicali. Ha fatto l’assessore alla cultura, e ora è alla guida di questo miracolo padano che ormai viene invitato a raccontare anche nelle università.

“Era della ‘ndrangheta, questo posto. Lo abbiamo trasformato, gli abbiamo ricostruito la ragione di esistere. Guardi che bello il piano di sopra. Se qui si tenevano riunioni segrete, ora quel piano è a disposizione di associazioni, di corsi di formazione, è tutto un viavai di gente che vuole far del bene a questa zona. Come abbiamo fatto? Il comune ha partecipato a un bando della Regione e ha avuto i soldi per la ristrutturazione, 175mila euro. Poi con altro bando ha girato la gestione alla cooperativa Arcadia, capofila di un gruppo di partner, dallo Slow food Legnano al Team Down. E ora eccoci qui. I vecchi proprietari? Si chiamano Medici. Hanno pensato di riaprire una loro pizzeria, proprio qua davanti”. Elena Gasparri, l’assessora alla cultura, ora vicensindaco (“a rotazione, però”), è un fulmine di simpatia. Mi porta fuori: “La vede l’insegna vicino a quell’edificio nero dall’altra parte della strada? ‘Pizza Random’ c’è scritto. Ecco, giusto perché ce ne ricordiamo. Loro sono qui, sono la nostra concorrenza. Mai come in questo caso, o di qua o di là”.

Il sindaco Michele Cattaneo è un professore con barba e occhialini. E con l’ospite si confessa. “Senta, a Rescaldina è successo di tutto. Ancora oggi c’è chi ci rimprovera di parlare di mafia. Chi dice che la colpa è nostra, che la mafia esiste perché ne parliamo noi. Ha capito? Non c’è stata una bella storia, sul piano amministrativo. Io invece ho un sogno: che la mafia sia costretta a capire che a Rescaldina non c’è trippa per gatti. E intorno ho una bellissima squadra, che costruirà un futuro diverso”. Ti guardi intorno e tutto parla di una grande, pacifica sfida in corso. Si discute con passione anche di una squadra di calcio di pazienti psichiatrici, c’è un libro da presentare, Crazy for football si chiama. La Lombardia ha sangue nelle vene, non solo interminabili file di don Abbondi. E forse, oggi, questa è la cosa più bella che ci racconta “La Tela Osteria Sociale”, “Bene confiscato alla criminalità organizzata. Patrimonio del Comune di Rescaldina”.

(scritto su Il Fatto Quotidiano del 20.11.17)

Leave a Reply

Next ArticleLa storia di Salvatore. Da San Giovanni in Teduccio al Piccolo Teatro