Rita, un’italianista a Coimbra. E la leggenda del bacalao meravilhao

E’ l’ambasciatrice del bacalao meravilhao. Come in casa sua il baccalà non si mangia in nessun’altra parte al mondo. Anche quelli che non amano il celebre pesce, al suo desco si devono ricredere. La cuoca Emilia crea, lei offre. Un impasto sublime con patate e altri ingredienti segreti. La signora si chiama Rita, presidia una casa accogliente in una via riparata di Coimbra, racconta i segreti della storia portoghese impreziosendoli dei suoi tesori privati, tra cui un’agua ardiente “fatta in casa” da qualche amico o commerciante. Esattamente come il vino.
Rita è nata a Ilhavo, nel nord del Portogallo, tra Coimbra e Porto. “I miei antenati sono vissuti accanto all’oceano. Mia nonna a cena non cucinava il pesce pescato al mattino. Lo voleva fresco. Solo quello del pomeriggio”.
Eppure questa signora così classicamente portoghese ha molto a che fare con le “storie italiane”. Perché è un autentico avamposto della civiltà italiana nel suo paese. Difficile trovare all’estero qualcuno che abbia fatto o stia facendo quanto lei per la nostra cultura. La insegna, prima di tutto. Rita Marnoto infatti è professoressa all’università di Coimbra (in foto la stupenda piazza della biblioteca), una delle più antiche al mondo, dove tiene tre corsi: letteratura italiana, linguistica italiana, cultura italiana. E, neanche a dirlo, dirige l’istituto di italianistica.

L’amore per l’Italia nasce con Petrarca, il suo grande punto di riferimento letterario. “Feci la tesi di laurea sul petrarchismo portoghese. Da lì è nato il mio libro più importante, da lì sono nati saggi e articoli. Ho continuato a occuparmene, ogni volta confrontandomi con le sollecitazioni nuove che vengono dai tempi. Ma naturalmente non mi sono occupata solo di questo”. E’ preoccupata per i tagli all’insegnamento di italiano, “è una lingua il cui valore supera il numero di chi la parla, la sua importanza non può essere calcolata in base a criteri aritmetici”, e per questo vorrebbe che l’Italia stessa promuovesse con più sistematicità la propria cultura nel mondo. Lei intanto ha deciso di dare l’esempio, accettando, oltre la direzione della rivista dell’università (“Biblos”), la direzione di “Estudios italianos em Portugal”, la rivista dell’ambasciata italiana.
Ogni anno, grazie a lei, si laureano in italiano a Coimbra venti-venticinque studenti. Sono il suo contributo alla causa della cultura amata. Ma il rapporto con l’Italia, e soprattutto per questo ne parliamo, passa anche per la sua attenzione alle vicende civili della nostra democrazia. Lo spiega con i suoi tipici gesti del capo in verticale, a volte malinconici a volte fieri, che danno anima alle parole. Ha ammirazione, e tanta, per chi ha saputo difendere l’Italia dalle mafie, incoraggia i suoi studenti a non dimenticare questi filoni della cultura italiana, non può essere tutto Petrarca.

Nella sua casa, dove sono cresciuti José e Rosa, ora tutti e due all’estero, lei e il marito architetto ospitano con generosità studenti e ricercatori italiani che giungono a Coimbra per studiare o parlare di questi argomenti. Ospitò due studenti milanesi venuti a presentare il loro “Global mafia” al festival cinematografico universitario di primavera. La voce della sua gentilezza e semplicità si è sparsa, l’ho sentita io, anni dopo, dire una sera a due giovani dottorandi, “entrate pure, questa è casa vostra”. Accoglie e serve a tavola i giovani ospiti dell’antimafia come fossero ministri. Se le chiedete qual è il suo più grande desiderio sfodera uno dei suoi sorrisi scintillanti, “Ma io ne ho tanti di desideri”. Pensate a quel punto che si apra un infinito zaino di sogni e invece se la cava in due battute, perché “i miei grandi desideri sono soprattutto a livello civico, quando la società funziona con giustizia tornano i piccoli desideri”.

E’ reduce da un mese di insegnamento alla Sapienza di Roma: barocco europeo e Pirandello. Il tributo al suo amore per l’Italia, recupererà il tempo intensificando le lezioni in patria. Al momento il suo cruccio è la traduzione delle opere complete di Camoes, il grande poeta nazionale, “che bisogna portare in Europa”, modernizzandolo. Partendo dalla traduzione italiana, che andrebbe fatta presto, superando gli ostacoli che la amareggiano. L’Italia e il Portogallo, le sue due patrie. Nulla di strano se uno dei suoi pupilli, che ama anche lui l’Italia e i suoi movimenti civili, il bimbo appena nato l’ha chiamato Dante. Non mi era mai capitato di vedere in Italia un bambino di nome Dante, l’ho visto a Coimbra. Succede anche questo, mentre si scoprono i prodigi del bacalao meravilhao…

(scritto su Il Fatto Quotidiano dell’11.12.17)

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