Natale con le infanzie. Se i figli sono davvero i Gracchi

Natale, bellissimi attimi e atmosfere di Natale. Da preservare perché accanto a noi, anche molto vicino a noi, si inseguono quasi inarrestabili i dolori e le nostalgie che non si possono guarire. Vi parlerò dunque del nuovo presepe che ho fatto, trasgredendo alle tradizioni (ogni tanto lo faccio). Nel camino, che è il cuore di tutto, ho messo solo due figure. L’idea mi è venuta una domenica mattina ai mercatini di Bolzano, scrutando nella folla di piccole mercanzie. C’era una piccola scatola di cartone bianca usata per fare da sfondo al suo contenuto: Giuseppe, Maria e il Bambino in carta resistente lavorata. La scatola dava una meravigliosa impressione di grotta semplice, povera. Su un ripiano accanto comparivano altre creazioni dello stesso materiale, tra cui una violinista seduta su una sedia, intenta a suonare. L’associazione mentale è stata fulminea: e se la mettessi davanti alla grotta, a quella grotta? E se la mettessi a suonare da sola davanti alla meraviglia, a mandare la musica del suo violino nell’universo della notte, senz’altri intorno? Se i poveri avessero ad accogliere la loro natività un violino come nemmeno i più ricchi? Fatto. Comprati per pochi euro e ora il camino zeppo di odoroso muschio è tutto loro. Gli altri, a partire dalle statuine paterne (che hanno un posto d’onore), stanno sotto, mescolandosi tra i 28 piccoli presepi presi in tutto il mondo che formano il mio più grande presepe. Una poesia, credetemi.

E i regali dei Gracchi! Dora mi ha regalato un giradischi. Ma sì, di quelli per i 33 giri. Mi ha detto: ne hai tanti di dischi, e non li puoi più sentire. Ed ecco arrivare a sorpresa la sua valigetta, azzurra. Era verde quella che un giorno mio padre portò in casa: il primo giradischi per tutti e tre i figli, primo disco “Piove” (Ciao ciao bambina…) di Domenico Modugno. Ho guardato con incredulità infantile. Ho messo un LP dei Rolling e la mia regista preferita ha avuto un attimo di stupore: “ma è un’altra cosa!”, ha detto esatsiata. Sì, era un’altra cosa la musica del giradischi. E lo è anche un regalo cos’ rispetto agli altri. Pieno di delicatezza, di amore. Comprato di corsa tra una ripresa e l’altra a Napoli, sapendo di istinto che al padre avrebbe fatto piacere.

Così come quello di Carlo, che si è aggiunto a due concerti di Bruce. Sapete che cosa mi ha regalato il Gracco maggiore? La formazione ideale del nostro Subbuteo, quello che per anni vide me, papà giovane, inginocchiato per terra a fare la telecronaca delle nostre partite, costretto a gioire anche quando segnava l’avversario, un bimbo che all’inizio piangeva quando perdeva e che già a otto anni era diventato imbattibile. Un giorno fece un gol fantastico da lontano con Tricella, allora il “libero” del Verona. Be’, cè anche Tricella nella “nazionale” che mi ha regalato, con Platini e Maradona, con Garella e Bruno Conti. E naturalmente il suo Van Basten. Ora dovete sapere che Carlo per decenni si era gelosamente tenute tutte le squadre. E adesso a undici squadre, ovvero alla sua raccolta preziosa, mancano undici giocatori, uno a testa. Sono quelli che ha donato a me, in ricordo delle nostre partite, della sua infanzia che entrava nella mia vita. Come non commuoversi? Ah, la grandezza dei Gracchi! Buone feste a tutti, senza dimenticare nessuno… (in foto il dito che scatta per il tiro del Subbuteo, potrebbe essere il gol di Tricella; ma allora i piedi dei giocatori erano fissi sulla base, nessun dinamismo, glielo davamo noi…)

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