Qui Macomer, provincia di Nuoro. Sette donne con i diritti nel cuore

Sette donne con i diritti nel cuore. Macomer, nome da fantasie infantili, diecimila abitanti sul lato ovest della Sardegna, provincia di Nuoro, a 500 metri d’altezza. Calo demografico da primato, industria chimica di quelle di una volta, buone a dar posti e finanziamenti per poi chiudere ingloriosamente. Ma queste sette sarde “ottimiste e di sinistra” non guardano al passato. Con ruoli diversi si prodigano anzi per introdurre parole e pensieri nuovi nella vita di una civiltà che appare come sospesa per aria. Eccolo dunque, il loro regalo al futuro del paese: un Festival della legalità. Bella idea, disse un amico alle due fondatrici. Ma come fate, benedette ragazze, soltanto a immaginarlo? Come potete pensare che qualcuno possa venire gratuitamente in questa stagione in Sardegna, in un paese dell’interno che sta in un fazzoletto?

Loro ci hanno pensato. E hanno concluso che lo facevano lo stesso. Senza contributi pubblici, mettendoci soldi e lavoro e servizi in proprio, niente assistenzialismo. “Perché non provarci?”. Antonella Simula e Roberta Balestrucci, tutt’e due trentenni, sono le più giovani della rete. Hanno in comune la passione per la storia dell’antimafia. Tanto che l’8 maggio traslocheranno d’isola per qualche giorno. Andranno in Sicilia a Cinisi, a ricordare Peppino Impastato nei quarant’anni dal suo assassinio. Il festival, d’altronde, nasce praticamente nel ricordo di quel ribelle. Si chiama “Conta e cammina”, dal celebre dialogo notturno dei due fratelli nel film “I cento passi”, che qui è diventato anche il nome di una rete sociale. E non per nulla proprio quest’anno c’è stata tra gli ospiti Luisa, giovane nipote di Peppino. “Tutto è nato”, spiegano le due amiche “da un’idea del Centro servizi culturali Unla e dalla Cooperativa Progetto H di Macomer. Da subito abbiamo coinvolto la libreria Emmepì. Avevamo voglia di creare un evento culturale capace di coinvolgere bambini e ragazzi del paese in forme diverse da quelle tradizionali dell’isola. Volevamo fare qualcosa di interattivo, capace di parlare lungo la settimana anche agli adulti. E ora siamo arrivate alla quinta edizione”.

Intanto portano i loro ospiti a mangiare nel ristorante di una cooperativa che dà lavoro a ex detenuti, dove trionfa un cuoco stellato che, spiegano con orgoglio, ha preferito la sfida del posto alle lusinghe della grande città. E lì, a tavola, raccontano la loro vita. I sogni raccolti per strada, la libreria (altre due donne attivissime, Luciana e Stefania) che si è data il compito di incarnare sul luogo la voglia di resistenza civile, le cooperative sociali. Sorridono rigorosamente, lo dice anche il titolo del festival che “la legalità appartiene al tuo sorriso”. “Perché lo facciamo? Per portare le giovani generazioni a riflettere sul senso e sui valori della legalità in tutti i suoi aspetti, e non solo pensando al fenomeno mafioso. Per favorire il confronto su temi legati alla legalità tra bambini provenienti da paesi diversi. E poi per trasformare i giovani che vengono da noi in potenziali educatori territoriali alla legalità”.

Un “vasto programma” che però non si ferma qui. Perché vorrebbero pure trasformare la loro settimana in un appuntamento nazionale. Leggi il depliant del festival e cogli l’ordine, lo scrupolo di chi ci ha lavorato per settimane. Non ci trovi i fuochi d’artificio, visto che ogni trasferta costa, e che a volte gli invitati pongono, ahinoi, condizioni impossibili per le organizzatrici. Ma accarezzi una cosa decorosa, piacevole, che fa incontrare persone, propone dibattiti, una mostra fotografica, teatro, libri, laboratori nelle scuole. Bilancio positivo, alla fine. Appuntamenti partecipati, loro felici quando la gente arriva, se ci sono i ragazzi, se anche la giunta comunale si mobilita, se la stampa locale ne scrive.
Piove e ti chiedi se davvero il periodo sia poi azzeccato. Il giorno dopo, quando lasci il “Marghine”, l’albergo locale totalmente coinvolto (altre due donne, due sorelle, Patrizia e Genny), capisci di sì. La Sardegna appare come una meravigliosa distesa gialla, ginestre a file, a grappoli, l’isola si è fatta d’improvviso luminosa. Le salite, le discese, le curve su cui Carla Scarpa (due cooperative per minori) corre come andando incontro al colore di stagione, diventano la rappresentazione di questa squattrinata ma orgogliosa battaglia “in nome della legge”. Di un’Italia che non aspetta i governi per fare qualcosa di buono.

(scritto su Il Fatto Quotidiano del 23.4.18)

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