23 maggio e immagini di antimafia. Quelle vere, che spesso non vedete

(scritto su Il Fatto Quotidiano del 21.5.2018; poi c’è stata la bellissima traversata in nave per Palermo. E il 23 di maggio….)

Andrea ha voce leggera. Il volto un po’ scavato e la camicia scura, canta parole di poesia e di libertà. Lo accompagnano un basso e una chitarra. Con Margherita, Federica e Francesco presenta al pubblico riunito nella grande sala dell’ “Emilio Alessandrini” la canzone dedicata a una vittima sconosciuta della camorra casertana. Genovese Pagliuca, si chiamava, ucciso più di vent’anni fa dal clan dei casalesi per avere voluto difendere la sua fidanzata. Di quel ragazzo hanno sentito raccontare durante un viaggio. E il suo ricordo si è conficcato nella loro mente. “Saremo un soffio di vento che porta via la paura” canta Andrea. Vittuone, hinterland ovest di Milano. I quattro ragazzi della V C ammaliano e commuovono sindaci e amministratori. Giurano anche che “saremo tutti sbirri” e “ci sentiremo orgogliosamente sbirri” visto che i mafiosi così chiamano i difensori della legge. Va in scena, grazie a uno dei Centri di promozione della legalità cresciuti nella scuola lombarda, solo uno degli atti di questa inesauribile rappresentazione dell’antimafia lombarda che precede la grande settimana che inizia oggi dedicata alla memoria di Giovanni Falcone. 23 di maggio 1992, Capaci, il giudice e Francesca Morvillo. E con loro Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Una voragine nella nostra storia e anche nelle nostre coscienze.

E’ una inimmaginabile effervescenza, una vera fioritura di iniziative. Alcune promosse proprio in vista di giovedì prossimo. Altre nate in autonomia di tempi e di progetti. Autonoma è l’assemblea del Keynes di Gazzada, provincia di Varese, con quei quattro ragazzi in camicia bianca, Claudio, Tobia e i due Andrea, che hanno scoperto da poco la lotta alla mafia e ci si sono tuffati per voglia di dignità. Leggono ogni libro, sono stati il 21 marzo di Libera a Mantova con la loro prof più combattiva, Caterina si chiama, e hanno deciso di dare una svolta alla loro vita. Hanno riempito di centinaia di compagni una palestra ancora da domare, ma alla fine ce l’hanno fatta, silenzio rapito con l’aiuto della loro prof, inquieta finché non tacciono urla e versi su spalti incontinenti.

E dolce è stata l’intitolazione di un’altra palestra, quella dell’Istituto “Sorelle Agazzi” di Milano, a Dodò Gabriele, altra storia sentita e subito fatta propria: quel bambino ucciso su un campo di calcio a Crotone, e a cui a ogni compleanno mandano idealmente gli auguri i suoi coetanei. Battono gli adulti, questi giovanissimi che mentre ricordano il giudice-simbolo si appassionano anche a figure sconosciute, dedicando loro canzoni e palestre, quasi si stesse costruendo una nuova identità nazionale. La annunciano, quell’identità, i cinquanta studenti di Scienze Politiche che da Milano si accingono a partire con la “nave Falcone” per Palermo. Ansiosi di vedere i lenzuoli bianchi scendere dai balconi popolari, di cui hanno narrato loro i compagni più grandi. O le centinaia di giovani che hanno riempito l’aula magna della Statale, incantati dallo spettacolo delle detenute dell’alta sicurezza di Vigevano, stupiti di scoprire le tante strade possibili per riconquistare palmo a palmo alla mafia i suoi consensi. O gli studenti di Sesto Calende, ancora provincia di Varese, scuola “Carlo Alberto dalla Chiesa”, che parlano di legalità e Costituzione (maglietta: “la più bella del mondo”), le grandi parole che resistono e fanno da stella polare, tanto che proprio l’aula magna dedicata “alla Costituzione e alla legalità” del “Primo Levi” di San Donato Milanese verrà intitolata giovedì alla memoria di Lea Garofalo. Mentre il Vittorio Veneto, liceo storico dell’antimafia milanese sin dagli anni ottanta, ha ospitato venerdì sera uno spettacolo teatrale interamente scritto e recitato dagli studenti. “Tante storie proprio così. Storie di mafia e di antimafia”. Anche racconti di eroi vivi, come Tiberio Bentivoglio, l’imprenditore reggino, con la sua lunga lotta contro il pizzo e il fuoco.

Di nuovo identità nazionale, di nuovo l’arte, il teatro dopo la musica. Ingenuità e slanci, coraggio e soprattutto generosità. Così il movimento antimafia cresce in terra lombarda accerchiando le cittadine e i paesi che, stando ai magistrati o alla commissione antimafia, sono diventati i fortini o le aie coloniche della ‘ndrangheta. Ambienti permalosi e in cerca di avvocati, dove si pensa che questa ventata di rivolta possa essere soffocata. E invece un movimento così non c’è mai stato. Sono i momenti in cui ciò che è stato seminato prorompe in vegetazione nuova. Quelli in cui si pensa che ne valeva la pena.

Leave a Reply

Next ArticlePanzane à gogo da Michele Santoro. Ma stavolta succederà qualcosa....Leggere per credere