Maltempo sulle feste. Quando i partigiani resistono davvero.: cronaca (a lieto fine) dalla Franciacorta

E dopo il diluvio giunse l’ora dell’orgoglio. Ma partiamo dall’inizio. Cologne, provincia di Brescia, nel cuore della Franciacorta, dove, dice il mio accompagnatore, “ogni fazzoletto di terra diventa un vigneto”. Festa dell’Anpi, di quelle che si usavano una volta. Tre strutture stabili a formare un triangolo, una delle quali chiusa in muratura, e in mezzo una tensostruttura bianca. E’ prevista una serata speciale, una jam session tra libri e musica in onore della legalità. L’Anpi, ormai lo sanno tutti, non è più fatta di ex partigiani in via di estinzione. Molti giovani, dunque, e ancor più adulti, nostalgici di un partito che un giorno c’era e ora non c’è più. Resistenza e Costituzione. Cologne è paese di 7700 abitanti e 62 associazioni. Non per nulla il mio ospite, un giovane avvocato cattolico, Giovanni Bonardi, è assessore “alla cultura e alle associazioni”. Sui tavoli pullulano birre e patatine, mentre i menù promettono i mitici casoncelli, ripieni di erbe e immersi in burro sfuso.

Poi tutto cambia in un minuto di orologio. Nell’allegria contagiosa spuntano d’improvviso in cielo nuvoloni cupi e minacciosi. A Brescia diluvia, arriva la voce. Speriamo che il temporale vada da un’altra parte, si sussurra ai tavoli. Il temporale invece ci vede benissimo, e punta esattamente sulla festa dell’Anpi. Pochi secondi ed è un uragano.  “Sempre governo ladro” è il primo commento. Si aprono gli ombrelli dei pochi previdenti, “era da giorni che annunciavano l’uragano e non veniva mai, chi ci credeva più…”, inveisce una signora. Ma il popolo resistente non si arrende, aspetta che passi l’acquazzone. “E’ troppo forte, in mezz’ora finisce”. Altre birre, la jam session è solo rinviata. I resistenti intanto si addensano sotto il tendone, chi ha il permesso si infila nella struttura in muratura. Fioccano i bicchieri di vino per scaldarsi. E iniziano i motteggi politici. “Preparatevi, qui grandinerà per cinque anni”, con perfida allusione al governo Conte. Passa la mezz’ora, passano quaranta minuti, ma il temporale non ne vuol sapere. Gli organizzatori ora si preoccupano. Qualcuno va via ma il grosso dei presenti non demorde. “Oh, noi mica molliamo, i partigiani non scappano”. Non si scoraggiano i più giovani. “Li vede?”, dice fiera in cucina la signora Maria, capelli raccolti dietro la nuca e figlia alle birre. “Tutti questi giovani li ho allevati io, venivano a fare le gite con le scuole sui sentieri partigiani”.

Conciliaboli. Il sindaco di Cologne, il sindaco di Palazzolo sull’Oglio, l’assessore. Che si fa, si rinvia tutto? L’aria è costernata. Sì, ma a quando? Si anima il dibattito della “dirigenza”, chi può entrare in cucina dice la sua. Sotto la tensostruttura non si può stare, arriva acqua dai lati, si è bagnato anche il microfono, bagnati gli allacciamenti elettrici, addio musica. Arrendiamoci, mica è colpa nostra se c’è questo temporale. Qualcuno osa suggerire di suonare con la chitarra acustica e la tromba e di parlare ad alta voce. Bocciato, la gente non resterebbe. Il grande murale dedicato due anni fa da un gruppo di giovani a Pertini, si illumina sotto i fulmini nel suo incredibile realismo. Il presidente partigiano appare in quello scompiglio come un nume tutelare. A un certo punto uno dei musicisti lancia l’idea. Ma perché non andiamo tutti nell’auditorium qui accanto? Figurati, e chi si bagna in queste condizioni, ci saranno in tutto dieci ombrelli. Ma il musicista, Alessandro si chiama, insiste, fiancheggiato da una ragazza di Libera, Aurora. Scusate, ma andiamo sotto la tensostruttura e chiediamolo noi alla gente: ci verreste? Qualcuno gli dà man forte: ma sì, dai, facciamo un sondaggio, oggi vanno di moda. Allora il musicista esce lui stesso e domanda: ci verreste? Una selva di mani si alza. Tutte. Certo che veniamo.

L’auditorium si riempie subito di gente di ogni età, bagnata ma contenta di avere saputo resistere al maltempo. Per un’ora e mezzo si parla di legalità e di lotta alla mafia, di diritti e Costituzione, di giovani e di università. Il popolo dell’Anpi si scalda sui temi che ha più a cuore. Alla fine arrivano davvero chitarra acustica e tromba e perfino una chitarra elettrica. Parte i “Cento passi” ed è tutto un emozionarsi, un filmare. Poi “O bella ciao” ed è un tripudio. L’uragano è stato sconfitto. Si canta, si applaude, alla faccia del “nemico” piombato dal cielo sul più bello. Guardi quella gente felice e non sai se sia più giusto commuoversi o arrabbiarsi con chi ha fatto di tutto per cacciarla dalla politica. Teniamocela cara.

(scritto su Il Fatto Quotidiano dell’11.6.18)

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