Una modesta proposta per rincivilire l’Italia

L’avrà pur detto Salvini. Ma questo, come ha già scritto Marco Travaglio, non vuol dire che non se ne debba discutere. Reintrodurre la leva militare? La mia proposta non sarà la stessa. Il fatto è che abolire la leva, come spesso accade con i provvedimenti dei governi, è piaciuto alla grande maggioranza dei cittadini ma ha non ha fatto bene al paese. Perché l’interesse generale non è la somma degli interessi individuali. C’erano tante ragioni fondate, in effetti. La sensazione di buttare via tempo dopo gli studi e sottrarlo alla ricerca di un lavoro. Di dovere subire gratuitamente arbitri e cattive maniere. O le ignominie del nonnismo. Ma alla fine quel che ha contato davvero è stata l’insofferenza della nuova società italiana per qualsiasi disciplina generale. Molto ha pesato l’antimilitarismo comunque travestito, quando la Costituzione recita “che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino”. Con gli alibi di destra, “ci vogliono i professionisti”, e quelli di sinistra, “è un anno regalato ai generali”.

Non tornerò su quanto ha scritto Travaglio sugli effetti positivi di lungo periodo che il servizio militare produceva in chi lo faceva (i leader politici non li sanno perché in genere si imbucavano già da piccoli, Spadolini fu riformato per insufficienza toracica; Salvini almeno ha fatto il fante…). Dico invece che sarebbe una grande scelta di civiltà, segno di una felice inversione di tendenza se si stabilisse l’obbligo per ogni giovane di donare un anno della sua vita al proprio Paese. Servizio civile chi vuol fare il civile, militare chi vuol fare il militare. Senza condizioni. Un anno di impegno, di socialità, di dedizione generosa, di reciproca conoscenza. C’era un’epoca in cui lo studente che faceva il militare scopriva per l’unica volta nella vita i figli dei contadini, ma oggi il bisogno di mescolarsi non è minore. E anche quello di conoscere l’Italia. Non c’è più Cuneo da scoprire (Totò), ma testimonio che la generazione Erasmus spesso non ha mai messo piede in Sicilia o in Basilicata o in Veneto. “Abbiamo bisogno di professionisti”, si dice. E’ vero, ma i famosi giovani dell’alluvione di Firenze (foto) non erano professionisti. E nemmeno lo erano i giovani in armi che difendendo gli “obiettivi sensibili” di Palermo negli anni delle stragi furono essenziali per la difesa dello Stato dall’attacco mafioso.
E’ cresciuta una generazione che in parte è già in sintonia con questo spirito. Si pensi alle migliaia e migliaia di giovani che ogni estate fanno i campi antimafia o di lavoro sociale. O si riuniscono nei posti più austeri per formarsi culturalmente. Ma oltre a loro ci sono anche giovani, spesso benestanti, che non contemplano affatto la possibilità di fare qualcosa per gli altri, per la collettività, anche perché non ne hanno mai conosciuto il piacere. Un anno di servizio ricco di motivazioni, con quadri superiori professionalmente formati (loro sì) a dirigere, far lavorare seriamente, fondere ambienti e culture, farebbe bene agli uni e agli altri.

Mentre il paese, unito dal mito del denaro e della notorietà e disgregato in tutto il resto, riceverebbe una spinta verso una nuova coesione morale, arricchirebbe il proprio capitale sociale, riscoprirebbe la sua identità. Si abituerebbe a praticare la disciplina, ormai accettata solo, e fin troppo, come merce di scambio per vantaggi personali (anche in politica). Un anno di lavori socialmente utili; svolti anche in divisa, si tratti di alpini o forestali. Ne guadagnerebbero i grandi servizi, da Pompei alla salvaguardia ambientale. E le stesse forze dell’ordine, tra cui l’Arma dei carabinieri riavrebbe ad esempio i suoi ausiliari, giovani che ogni anno arrivano dal popolo e ogni anno al popolo ritornano, proprio come previsto in Costituzione. Chiudere questa discussione con i luoghi comuni, esattamente come con i luoghi comuni si è abolita a suo tempo la leva, sarebbe l’ennesima prova di indolenza morale. E dopo avere imposto l’alternanza scuola-lavoro, nessuno invochi i problemi organizzativi…

(scritto su Il Fatto Quotidiano del 28.8.18)

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1 commento

  1. stent032012

    Buongiorno a tutti. Condivido pienamente. I giovani non sanno cosa si perdono, quanto non imparano, quanto rimangono bambocci e quanto non crescono nel rimanere a casa -come oggi avviene- anziché effettuare un’esperienza di un anno lontano dal proprio habitat. Il servizio militare o quello civile ti fan capire che esistono anche gli altri, ti fa vedere i disagi che quelli meno fortunati di te hanno (e tu nemmeno avresti pensato che potevan esser così tanti), che quando si è in tanti ci vogliono delle regole organizzative che consentano a tutti di lavorare bene e insieme, di mangiare, di fare la doccia, e tanto altro ancora, sempre stando insieme. Ti fa tornare coi piedi per terra, ti obbliga a scoprire la realtà e a farci i conti. Stare in fila o in coda, a volte in religioso silenzio (attimi quotidiani preziosissimi per osservare, pensare, ricordare e riflettere), ti fa capire che non sei nè il più bello, nè il più bravo, nè il più privilegiato e che i diritti e i doveri sono i medesimi per tutti e che sono legati alla propria funzione rispetto all’organico complessivo. E’ così nella vita, è così nel mondo del lavoro, è così in natura. Da quando il servizio militare e/o quello civile son stati aboliti vi è stato un lento degrado nella cultura e nella educazione che oggi è palpabile ovunque e purtroppo lo è in moltissime realtà lavorative sia private che pubbliche. Va detto che andrebbe reintrodotta una formula che coinvolga pariteticamente anche il gentil sesso perché, ricordiamolo a tutti, quell’anno di crescita e maturazione erano obbligati a farlo solo i maschietti.
    Chi non ha avuto la fortuna di trascorrere un anno con persone che provenivano da ogni parte d’Italia oggi pensa di essersela goduta, di averla scampata e nemmeno si rende conto di aver subito un danno tanto grande quanto irreparabile. Verissimo che formula della leva obbligatoria era diventata un po’ obsoleta… ma anziché toglierla sarebbe stato sufficiente cambiarla e aggiornarla gradualmente. Dati i risultati che poi si son raccolti in questi decenni c’è da auspicare il ritorno di questo anno speciale perché produrrà delle generazioni decisamente più forti e complete.

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