Storia di Felipe l’argentino, che sognava Maradona e la via Lattea

Signore e Signori, ho deciso di raccontarvi Felipe. In questi tempi in cui il mondo sembra diventare una immensa frontiera, la sua storia vi farà bene. Nulla di straordinario, ma un’aura romantica questo sì. La patria di Felipe è Buenos Aires, e lui ha 28 anni. Parla un italiano sciolto nella musicalità argentina, e all’occorrenza parla benissimo l’inglese. Maglietta girocollo arancione e barba castana, l’ho incontrato in Umbria, dove lavora e dove spera di stare per un po’ di tempo. Impossibile non notarlo. In Italia è arrivato per gli studi più alti in grado. Un master al Politecnico di Milano, dopo essersi laureato in ingegneria in Argentina.
Una scelta pensata. “Perché da voi è diverso, l’università ha visioni più larghe. Al mio paese potevo fare solo ingegneria-ingegneria. Mentre io volevo fare insieme ingegneria e design industriale. Tecnica e bellezza. L’Italia era l’ideale. E al Politecnico era possibile. Volevo tenera la mente larga”. A Felipe è piaciuto, ama l’idea di progettare il bello, è tornato a scrivere la tesi a casa sua. Ma poi ha deciso pure che in Italia ci sarebbe rimasto. Perché prima della laurea gli era piaciuto un lavoro che con l’ingegneria non c’entra praticamente nulla. Un ostello a Milano, un andirivieni di ragazzi da tutto il mondo, una mescolanza continua di vite e di racconti, conoscersi e darsi appuntamento a chissà quando e chissà dove. Feste in gruppo, incontri culturali, un bendidio di ambiente che lo ha fatto diventare “Felipe l’argentino”, ospite gentile e infaticabile, garanzia di un ottimo spagnolo-italiano per i giovani in arrivo dall’America latina. Solo non gli piaceva, spiega, il posto dove aveva dovuto prender casa. I quartieri con enormi caseggiati tra viale Monza e via Porpora, a nord-est della stazione centrale, non esattamente una poesia per chi ha in vena l’allegria argentina.

“Così quando ho saputo che c’era una posizione in un nuovo ostello in Umbria non ci ho pensato”. Sorride e indica il fluttuare dolce delle colline coltivate a girasole, l’alternarsi di ogni gradazione di verde, le torri medievali, Assisi di fronte a noi. Racconta che sua madre fa l’avvocato e suo padre offre servizi di vigilanza. Che quando era stato via aveva avuto malinconia dell’Italia e del suo lavoro. Parla con me scambiando scampoli di dialogo con un’altra ragazza argentina e con un paio di ventenni nord-europei. Lavora senza interruzione, risolvendo problemi organizzativi, spostandosi con il piccolo furgone per questa e quella urgenza. Ormai di questi posti ha imparato ogni segreto. “Solo Foligno non conosco molto, per il resto ho preso familiarità con i punti panoramici più belli, anche per accompagnarci amici e ospiti, ogni tanto lo chiedono”.

Nella sera che porta la frescura Felipe sta chino accanto al fuoco che lo fa sudare. Prepara una grigliata per gli ospiti. Lo sa fare bene, e si vede, suscita l’entusiasmo dei bambini. “Ma in Argentina tutti sanno fare bene le grigliate. Non c’è lo specialista, chi invita la fa. Tra la carne e gli spazi all’aperto, l’unica cosa che conta è avere una buona griglia”. Va avanti ore, senza scomporsi accanto al fuoco. Arrosticini, scamone, salsicce. Lo guardo e penso che è venuto in Italia per fare il master al Politecnico e che ora è questo il suo lavoro e lui è felice. Si mescola agli ospiti, prende un po’ di vino con loro, acclamato come un demiurgo in almeno tre lingue. “Qui c’è un progetto”, mi dice, “che mette insieme la bellezza con il viaggio, l’immensità del mondo con i momenti di raccoglimento”. Vede in piazza un bimbetto che gioca a palla, fa un tiro forte di sinistro, io non ci faccio caso. “Come Diego”, esclama invece lui, pensando a Maradona, l’idolo inarrivabile della sua gente, “e anche come Messi”. Argentino fino al midollo.
Ma il fatto è che anche questa terra non gli basta. Così quando la notte si fa fonda Felipe Menzella offre ai viaggiatori di passaggio il servizio più pregiato. Il momento (con guida) al telescopio. Quella mania di tenere insieme tecnica e bellezza lo ha portato a studiare l’universo. Accanto a lui si susseguono i turisti, soprattutto le turiste in verità, e lanciano gridolini. “Marte, è davvero Marte?”, “guarda gli anelli di Saturno”. Lui si compiace e racconta di come sia stupenda la via Lattea in Argentina. Una turista adulta cerca di stargli alla pari narrando Favignana, ma lui la batte per immagini ed emozioni. E quando racconta della via Lattea che da loro, e anche in Uruguay ammette, sta un piano sopra le stelle, la gara è vinta. Un gol da Maradona.

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