E l’università devastata implorò: dateci Asterix

Potenza della fosforescenza. Quella che si andrà qui a raccontare è una minuscola storia surreale, formidabile metafora della storia intera del Paese. Dovete sapere che a Milano c’è un villaggio gallico al contrario. Tanto i galli di Asterix (nell’immagine, da “Lettera 43”) si battono gagliardamente e vittoriosamente contro gli eserciti romani, allo stesso modo gli abitanti di questo villaggio scappano e si danno per morti quando arrivano i barbari, tutto abbandonando alla loro mercé. Questo villaggio, un giorno ve ne accennai, è la facoltà di Scienze politiche di Milano. Che in epoche più gloriose aveva un governatore, detto preside, ma che dopo una riforma, detta Gelmini, non ha più un comandante che schieri le truppe a difesa di donne e bambini e distribuisca la pozione magica (in questo caso detta buon senso). Succede così da anni che al momento delle tesi di laurea il villaggio venga invaso non da laureandi e genitori e nonni e amori personali, ma da orde di amici e conoscenti da ovunque mobilitati per fare quello che in nessun posto di Milano, pubblico o privato, è possibile fare. Gettare chili di carta colorata nei cortili e sui pavimenti, versare fiumi di vino e di spumante accatastando decine e decine di bottiglia a terra, intonare fescennini di vittoria, e senza limiti insozzare luoghi pubblici nell’ebbrezza del trionfo.
I saggi del villaggio hanno deprecato ciclicamente lo scempio fisico e di decoro morale. Qualcuno di loro ha pure proposto misure per arginarlo, chissà mai che si possa. Ma si è poi sempre coraggiosamente deciso che non si potesse fare nulla. Salvo abolire la discussione delle tesi triennali, sparita con un colpo di bacchetta magica. Nessuno ha protestato. Tanto -ed è quel che importa- le si festeggia lo stesso in un giorno speciale, detto della proclamazione, offerto graziosamente ai barbari per concentrarsi tutti insieme a centinaia tre volte all’anno nel villaggio abbandonato. Restino pure le tesi di grado più elevato, dette magistrali, che per il loro rango e il loro numero (minore) ancora prevedono la discussione.

Alcuni computer del villaggio, invero più tecnologico di quello di Asterix, ancora conservano lettere di sconcerto e di protesta di moralisti autoritari. Ma davvero non si può far niente?, chiedevano costoro. Se a nessuno spetta intervenire, né docenti né bidelli perché “non siamo poliziotti”, mettiamo quattro marcantoni con qualche divisa e un badge. Limitiamo il numero degli invitati per laureando, come si fa altrove. Impediamo l’ingresso con zaini e masserizie, come si fa pure altrove. Ma altri, più filosofi, spiegavano che i problemi erano ben altri e che non era certo con qualche divisa che si poteva fermare l’invasione. Il problema era culturale.
Ebbene, l’altro giorno per le tesi magistrali qualcuno dall’alto (Panoramix? Abraracourcix?) ha avuto l’idea di far piazzare cinque signori con pettorina gialla fosforescente con su scritto “Security” in mezzo al cortile, pronti ad andare verso ogni focolaio di invasione. E l’invasione come per incanto è finita. Il “problema culturale” si è dissolto come neve al sole. Davvero da non credere. La facoltà è tornata magicamente al suo antico decoro. Qualcuno tirava fuori lo spumante e partiva il primo botto? Subito i cinque si muovevano e tutto era finito. Qualcuno lanciava i fescennini? Subito sedato. Gli abitanti del villaggio si guardavano trasecolati. Dunque non ci volevano nemmeno i marcantoni o la polizia? Bastavano cinque signori con pettorina magica? Quanto siamo stati fessi, si dicevano. Abbiamo subito per lune e lune le invasioni, siamo stati alla mercé di orde onnipotenti e non ci voleva niente. Solo il coraggio di fare una cosa logica. Il ritratto dell’Italia, dicevano alcuni di loro, più esperti delle pubbliche cose. Umiliati perché in fuga, perché impegnati a decidere che non si può fare niente. Perché non si fa subito la cosa più ovvia.

Poi però è venuto il giorno della proclamazione delle tesi triennali, quello offerto graziosamente in dono agli invasori. E gli invasori sono arrivati in massa, centuplicati. E le pettorine sono state schiantate dai numeri preponderanti. Meste e impotenti in un angolo. E il pubblico porcile dell’Università degli Studi di Milano si è ripetuto. E la pozione magica è sparita. E’ ripartito il dibattito. Ma chiudere il giorno folle della proclamazione no, eh? D’altronde è roba da Oxford. O quadruplicare le pettorine, farle guidare da Obelix? In fondo, dici che è impossibile e…pof, poi tutto si può in un attimo. Magari anche inventare un Asterix con pieni poteri.

(scritto su Il Fatto Quotidiano del 17.12.18)

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