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Settant’anni e non sentirli. Se il proprio professore si chiama Smuraglia
Ursetta ha insegnato storia per una vita. Nativo di Sorbo San Basile, paese, come lui dice, “in estinzione”, giunse dalla Sila a Milano ai tempi di Piazza Fontana. Cercò prima la Bocconi, essendo allora gli studi di economia e commercio gli unici consentiti ai diplomati degli istituti tecnici. Ma la liberalizzazione ottenuta dal Sessantotto gli fece subito cambiare idea. Se ne andò così a Scienze Politiche, dove nel ribollire di quegli anni ebbe proprio Smuraglia come professore. Con lui scoprì il diritto, e in particolare il diritto del lavoro, giusto nel periodo in cui nasceva lo Statuto dei lavoratori. Ne divenne allievo entusiasta, tanto che fu quella la materia della sua tesi di laurea. Tanto che avrebbe dedicato ai diritti dei lavoratori parte del suo insegnamento, sempre condotto in istituti sperimentali (“ed è stata la mia fortuna”). Per questo ora che ospita Smuraglia nella propria veste di presidente dell’Anpi di Vimodrone, lo accoglie come se ne fosse un figlio. Lui che va verso i settanta, Smuraglia oltre i novanta. Salgono uno dietro l’altro le scale della villetta silenziosa dove ha casa la famiglia Ursetta. Davanti sta il presidente emerito e icona nazionale dell’Anpi, suo antico professore, dietro sta l’allievo riconoscente. Il primo sale i gradini senza difficoltà, il secondo gli tiene il braccio premurosamente, “attenzione professore” nelle zone senza luce.
In casa la famiglia attende il grande evento della cena col professore prima del dibattito. La signora Ursetta, colori normanni ma anche lei paese della Sila -sono dovuti venire a Milano per conoscersi-, e i due figli adulti. Tutto viene offerto con generosità mediterranea. Cucina calabrese, “ma attenzione, bisogna sempre distinguere tra il semplice calabrese e il calabrese fatto in casa”. E’ così che emerge la storia dello Smuraglia seguito fin dai banchi dell’università, e si capisce il segreto di quella devozione: l’Anpi e i referendum sono solo una aggiunta di fronte all’antico affetto dello studente venuto un giorno da lontano a imparare i diritti dei più deboli. E nel tinello riempito di prezioso rispetto emerge anche la storia di Ursetta, che già conoscevo per i suoi studi sulle lotte contadine, in particolare per un bel libro sul processo, chiuso con la classica insufficienza di prove, per l’assassinio del sindacalista siciliano Salvatore Carnevale.
Racconta i suoi tanti anni da insegnante, terminati con un lungo periodo a Cernusco sul Naviglio. Racconta le sue ricerche sulle lotte contadine in Calabria, e soprattutto su come vennero represse. Si commuove al ricordo di Giuditta, contadina uccisa agli ordini di un agrario durante l’occupazione simbolica di un fondo, si indigna al racconto delle motivazioni con cui i magistrati di allora regalavano impunità agli assassini, la storia delle armi che per effetto di una caduta casualmente sparavano e implacabilmente colpivano. Contadini senza diritti in una terra che ora lui vuole descrivere in un prossimo libro attraverso le figure più coraggiose dell’antimafia dei nostri tempi. Un rapido e silenzioso cenno alla signora, perché prima di uscire gli ospiti ricevano in regalo il salame “calabrese fatto in casa”, e poi (“attento professore”) si va al dibattito.
Nella sala consiliare, davanti a più di cento persone, Umberto Ursetta presenta il libro di Smuraglia che parla di “Costituzione nel cuore”. Ma presenta soprattutto e direi solo l’autore, e si capisce che non finirebbe mai di farlo. Si capisce che sta restituendo, a lui e a se stesso, qualcosa che arriva da lontano. Nato quando il suo accento parlava di Calabria più di oggi. Quanti sentimenti ben riposti ci portiamo dentro per una vita. Poi, quando li riscopriamo, tutto si affolla in una nuova luce. “E ora la parola al professor Smuraglia”.
(scritto su Il Fatto Quotidiano del 14.1.19)
Nando
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