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Milano. Quelli che aiutano i poveri nel far west della droga
“Qui sparano per le scale, ormai, e nessuno fa niente”. L’anonima signora sembra un vulcano in eruzione: “Sono arrivati e hanno sparato contro una porta, si dice per una questione di spaccio. Qui c’è almeno uno spacciatore in ogni abitato”. Milano, zona Molise, a est della città, lungo la circonvallazione esterna. Qui un giorno vennero costruite case popolari che per un po’ furono inno al riformismo meneghino. Decoro esteriore, cortile in cui far giocare i bimbi, balconi da cui parlarsi. Ma, come è noto, le case popolari sono diventate in ogni città quasi terra di nessuno. Racconti da brivido si alternano sulle cronache cittadine, soprattutto in estate. Favoritismi, violenze, vendemmie di voti sporchi. Scantinati che diventano ripari o fortini. Cittadini senza potere che invece di godere di quel che fu pensato per loro, si asserragliano in casa impauriti.
“Ce l’ha presente via Ciceri Visconti, vicino alla biblioteca Calvairate (vedi foto)? E’ stato uno dei gioielli di questa zona. Giardinetti per mamme e nonni e bambini, ma anche per innamorati, libri gratis per studenti. E’ finito tutto. Venga a dare un’occhiata”. La signora si è infilata nel gruppetto appena ha orecchiato l’argomento. “Lo vede? Sono quasi deserti. Niente più mamme, niente più bambini. E chi vuole che stia qui con quello che succede? I colpi di pistola una settimana fa, dopo l’estate un accoltellamento all’aperto. E spacciatori che dilagano. Lo stiamo denunciando da tempo. Se arrivano dal ‘boschetto’ di Rogoredo, dopo gli interventi dei carabinieri? Forse, ma non credo. E’ da due anni che va avanti così e si continua a peggiorare. Qua ci vorrebbe una bella camionetta di poliziotti o carabinieri che si mette in piazza Insubria e non se ne va più via. E naturalmente che non finge di non vedere”.
Dal capannello schiuma la rabbia popolare. Hai voglia a parlare di “deriva securitaria”, perché la sicurezza alla povera gente bisogna pur darla. E qui c’è una Milano che non riconosce più se stessa. Ma che l’osservatore attento conosce benissimo. E’ la Milano che va avanti così dagli anni ottanta. Renitente a darsi da fare quando “piccoli disastri crescono”, calamitata com’è dall’amor di quiete. Ma che poi quando i disastri crescono e le situazioni marciscono è costretta a intervenire in affanno, con spese cento volte superiori a quelle necessarie a intervenire quando il mostro è ancora in erba. Come con il boschetto di Rogoredo, appunto. O come, un tempo, con piazza Prealpi consegnata alla ‘ndrangheta o la via Montello abbandonata agli assassini di Lea Garofalo.
E’ la maledizione di questa metropoli. Reparti speciali, grandi operazioni, indagini dai nomi suggestivi. E al tempo stesso banditi di mezza tacca che tengono in ostaggio famiglie e singoli inermi in intere zone cittadine.
Solo che questa rubrica è stata pensata per raccontare il bene che viene fatto, il più delle volte da persone sconosciute. E allora non faremo eccezione. Perché anzi il bene fatto in queste condizioni da tregenda ha un valore ancora più grande. Sono due le stanze a pianterreno in cui, qui in via Molise, alcune persone riunite in comitato (Comitato inquilini case popolari Calvairate-Molise-Ponti) conducono ogni giorno senza nulla chiedere il loro progetto di solidarietà. Un piccolo market per dare viveri di prima necessità alle famiglie disagiate della zona, mentre in altre stanze si insegna la lingua agli immigrati. Hanno nomi diversi, anche se di età più o meno matura: Grazia, Franca, Rossana, Angelo, Massimo, e il più giovane Valerio. Si danno i turni in un’organizzazione che la gratuità dei gesti non rende meno complessa. Orari, prestazioni, norme, mediazioni. Gli utenti hanno diritto a 70 prodotti al mese, di cui vengono registrate le quantità, per evitare abusi e sprechi, visto che tutto il progetto è programmaticamente anti-spreco. Se li scelgono loro dagli scaffali, in base alle loro esigenze, ma non alla rinfusa, perché a nessuno venga in mente di rivendere quel che si riceve. “Né abusi, né elemosina, è la nostra formula”, spiega Grazia. I viveri sono a breve scadenza e vengono dal Banco Alimentare, una scuola dell’obbligo, una rosticceria siciliana, due parrocchie, la Caritas. Un progetto complessivo aiutato da Fondazione Cariplo e Mani Tese.
Che in questo clima di impunità e paura resti qualcuno disposto a fare del bene al prossimo è quasi miracoloso. Perché però la sfida dei violenti venga raccolta da un manipolo di persone generose e non dalle istituzioni, ecco, questo è un piccolo grande mistero.
(scritto su Il Fatto Quotidiano il 18. 2. 19)
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