Sesto San Giovanni. Lo specialissimo applauso a Liliana Segre

Sono le 7.20 di giovedì mattina quando sento il bip dei messaggi su whatsapp. E’ un comunicato. Aperto da una richiesta di scuse per la minuscola invasione. Arriva da un piccolo partito di sinistra, circolo di Sesto San Giovanni. Dice: “Apprendiamo con stupore e indignazione che il Comitato per l’ordine e la sicurezza di Milano ha deliberato l’assegnazione di un servizio di tutela per la Senatrice a vita Liliana Segre. Che una donna di 89 anni, sopravvissuta e testimone dell’olocausto, debba essere protetta ci dice chiaramente come il segno sia stato passato da un pezzo. Un paese senza memoria non ha futuro…”.
Stupisce l’educazione del mittente. Che evidentemente, diversamente da altri, non ritiene che tutti i suoi possibili destinatari abbiano il dovere di ricevere i messaggi degli sconosciuti. E che pensa però, sempre evidentemente, che la questione denunciata sia così grave da giustificare una “trasgressione” ai propri principi. Al punto, ed è la seconda cosa che mi predispone favorevolmente, da mettersi alle sette del mattino a svolgere la propria funzione di sensibilizzazione civile.

La sera stessa vado in metropolitana proprio verso Sesto San Giovanni, dove devo tenere un incontro sulle stragi di mafia. Mi accompagna una amica dei movimenti antimafia, che si è presa il compito di guidarmi all’incontro, praticamente ai bordi della città perché “da quando c’è la nuova amministrazione gli spazi per fare queste cose non ce li danno più”. “Hai saputo che cosa è successo?”, mi chiede a un certo punto con la voce più grave possibile. Ho un sobbalzo. Ci siamo, penso, è morto qualcuno. “Hanno dato la tutela alla senatrice Liliana Segre”. Ho come un moto di sollievo. “E meno male”, rispondo, “meglio così che lasciarla in balia del primo vigliacco che passa”.

Ma è un sollievo bugiardo, che nasce solo per contrasto dalla paura precedente. In realtà quel che sta dicendo Laura, così si chiama la mia amica, rivela la gravità profonda, drammatica, dei nostri tempi. Resto impressionato, in proposito, dal fatto che la mia interlocutrice abbia manifestato un rispetto infinito (forse proprio in reazione ai tempi) verso la donna che sta facendo da bersaglio alla feccia d’Italia, indicandola non con nome e cognome o con il solo cognome preceduto dall’articolo, ma con la qualifica di senatrice. Capisco allora che Laura è l’autrice del comunicato ricevuto alle sette del mattino. Che in qualche misura mi sta parlando l’antica e dignitosa storia dell’antifascismo di Sesto, medaglia d’oro della Resistenza. Mi aggiunge dunque che ha già scritto a tutti quelli che poteva. Ai senatori e ai deputati milanesi, al sindaco di Milano, non ricordo a quali e quanti intellettuali, perché davvero questa storia ha passato il segno, ed è a sua volta segno di tanto altro. Che ha chiesto a Giuseppe Sala di promuovere una manifestazione. Che “la senatrice Segre” deve sentirsi dietro tutta Milano, la sua città. “Dobbiamo fare sentire la nostra voce. E non trovandoci nel chiuso di un teatro ma con una manifestazione di piazza, che mostri a tutti la nostra solidarietà verso di lei. Glielo dobbiamo”. “Senza aspettare tempi lontani”, aggiunge.

Sotto una pioggia impietosa si arriva finalmente al luogo dell’incontro. Ai margini di Sesto, ma potrebbe essere in qualunque punto della Lombardia. Nonostante il tempo da lupi e il deserto intorno, è pieno di gente. Sindacalisti di fabbrica (c’è anche il “vecchio” Pizzinato). Una preside in pensione che conosco: ha 83 anni e oggi insegna tutto il giorno italiano agli immigrati. Una ex insegnante, ora presidente dell’Anpi: ha per me i volumi con i lavori fatti per anni dai bambini nelle scuole di Sesto. Studenti giovanissimi. Molti gli inviti a intervenire anche in associazioni o scuole. C’è nell’aria un fervore fattivo impensabile nella temperie politica odierna. Finché Laura Incantalupo appena prima dell’inizio sorprende tutti e dal microfono ricorda la notizia della scorta per la senatrice Liliana Segre. Un cenno di commozione poi l’invito: “propongo che prima di incominciare le facciamo un applauso di solidarietà alzandoci in piedi”.
Nessuno se lo fa ripetere. Parte l’applauso indirizzato a una anziana signora assente, che però è come fosse lì, perché la sua storia rappresenta tutti. Quella di Sesto e quella di Milano. E’ la storia tragica e orgogliosa di un Nord che ha sofferto e combattuto il nazismo. Che in quella sala risorge. Non ci sono taccuini né telecamere a riprenderla. Vuole solo mostrarsi a se stessa. Dirsi che esiste e che non si farà piegare.

(scritto su Il Fatto Quotidiano dell’11.11.19)

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1 commento

  1. omicron

    Carissimo Nando, avevo dimenticato di ringraziarti qui. Che dire? Ho avuto un ottimo maestro.

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