E’ qui la Storia? Ricordi di due secoli. Una signora a tavola tra garibaldini e Gadda
La foto arriverà……
Anche questo capita a Natale. Di finire a un tavolo di normali professionisti accanto a una signora dalle molte primavere di cui non sai quasi nulla e che a un certo punto sembra suggerirti, con soave noncuranza, “io sono la storia”. Quella con la “S” maiuscola. Ma non pensate alle battaglie civiche spesso ospitate in questa rubrica. Se oggi ho scelto questo ritratto è perché mi si è fulmineamente ripresentata la storia orale. A spiegarmi che il passato lontano, quello che da bambini consideravamo preistoria, è invece vicino, accanto a noi. Basta saperlo ascoltare. La signora è oltre l’ottantina. A pranzo sono tutti impegnati a lodare il suo paté di fegato, specialità in cui eccelle. E lei nelle pieghe di una educata e simpatica conversazione mi dà una prima coordinata. Mio nonno era un garibaldino, dice con levità.
Sussulto. Come un garibaldino? In effetti ho avuto nonni andati giovanissimi nelle trincee della Grande Guerra. Ma come si fa a tornare indietro fino ai Mille? Conti difficili, al limite dell’improbabile. In effetti era il bisnonno, si chiamava Giuseppe Alessio, e non partì per Marsala. Ma era garibaldino con la camicia rossa, c’è ancora un suo quadro in casa. E a Milano aveva l’usanza di dare ogni giorno la sveglia al palazzo di via Pindemonte, di proprietà familiare, suonando la tromba. Sembra un altro mondo e invece è lì, depositato nella sua eleganza accanto a me. La prossimità mentale dell’Ottocento mi inquieta. Siamo abituati a contare le generazioni di ventennio in ventennio. Ma tre generazioni in una stessa famiglia travalicano il secolo.
La speciale creazione gastronomica si assottiglia fino a sparire e la signora dà la seconda coordinata. Io sono una Gadda. Non capisco subito. Lei precisa: mio padre era cugino primo di Carlo Emilio Gadda. Un balzo nei libri di storia. La figlia conferma orgogliosa. Si fa largo un caleidoscopio di nomi e parentele a cui fatico a star dietro, anche prendendo appunti improvvisi. La famiglia di origine della mia commensale si chiamava Panfili, stava in Austria, e si trasferì a Trieste quando scoppiò la Grande Guerra, perché parteggiava per gli italiani. A Trieste aveva immobili, e qualcosa di più. Un Odorico Panfili aveva cantieri navali e trasmise il cognome alle famose navi che vi si allestivano. Un successo. I cantieri fallirono però perché Odorico, spacciandosi per un Panfili dell’aristocrazia romana, corteggiava le dame nascondendo gioielli nei fiori. La signora invece, che si chiama Maria Oda, ha vissuto sempre a Milano, anche se trasuda civiltà asburgica: dal nome e dal portamento, compreso il modo in cui comanda il bastone. Di punto in bianco intravedo la Milano austroungarica, una vertigine mentale assurda.
E Gadda? Oh, la famiglia, al di là della letteratura, brillava per ricchezza. Ancora nel secondo dopoguerra le sorelle Gadda avevano in mezzo agli immobili di proprietà milanesi una piscina, dove tenevano a galleggiare le bottiglie di champagne durante le feste. Una di loro, Oda, vinse una gara di ballo dallo Scià di Persia, premio un bracciale di brillanti. Cose da copertina di “Oggi” o “Gente” di quei tempi. La signora spiega mitemente, ed ecco la terza coordinata, che la sua famiglia un giorno era padrona della zona dove ci troviamo, quella di Porta Venezia, la parte di città che si apriva verso oriente. Case, immobili, giardini, oggi pubblici, dove i molti cugini piccoli andavano a cogliere mughetti, appartenevano in blocco a loro. Come pure alcuni cinema. E lei ricorda benissimo quando quelle vie erano percorse dai navigli, quelli che appunto portavano a Venezia.
Dice: e che storia è mai questa? Qual è il suo sugo? Risposta: è il fascino di una microstoria che vola d’improvviso verso la grande storia, che apre scorci e squarci sul passato. La vita di una riservata signora ottantenne che ti fa capire senza intenzione che tu della tua città non sai praticamente nulla anche se ci abiti da una vita intera, che gli scenari del boom economico di cui fregi le tue memorie sono nulla rispetto a quelli che può sfoderare lei. Risorgimento e dinastie esotiche. Che una città è fatta dalle famiglie. Che l’alta borghesia ricca di un tempo sapeva forse essere più “società” di quella attuale. Racconta di avere quattro bisnipoti, che ancora ospita d’estate in campagna, tra la pianura e i laghi, come usava una volta nella nobiltà o nell’alta borghesia cittadina. Sì, è una storia che non trabocca di eroismo. Ma parla, evoca, ti incanta. Durante le feste è un lusso consentito.
(scritto su Il Fatto Quotidiano del 30.12.19)
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