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Andrea. Quella faccia bonaria da giovane monsignore al servizio dei poveri
L’Andrea è lì. Al tavolino, una sciarpa nera intorno al collo, gli occhiali grandi, la faccia bonaria da giovane monsignore. Voglio sapere di che cosa si occupa, mi dicono stia facendo un lavoro speciale e nuovo nel campo della povertà, con la Caritas. Voglio sapere come cambia questo mondo che non campa di odio ma di aiuto al prossimo, e che sulla carità non ci fa la cresta. L’Andrea Fanzago ci ha sempre militato, ma oggi il suo racconto vuole andare oltre, spaziare verso i sentimenti e la politica. Più volte il viso da monsignore prende le pieghe di una dolorosa malinconia. Elena, la compagna della sua vita, se ne è andata poche settimane fa, dopo una malattia durata due anni. Si erano sposati nell’86. “Ma ci eravamo conosciuti quasi dieci anni prima, frequentando la parrocchia di San Luigi Gonzaga, nella zona di Porta Romana. Da lei ho avuto tre figli, Lucia, Matteo, Lorenzo. Lorenzo è il più giovane, studia all’università, Scienze alimentari”.
Eccolo così a raccontare in un bar senz’anima la sua vita piena d’anima. Il corso di terapista alla Statale e poi l’impegno con il cattolicesimo sociale. Senza fiancheggiare alcun ordine religioso. Quasi si indigna, “io sono uomo di parrocchia, un diocesano”. Una lunga attività di riabilitatore al don Gnocchi, poi il salto in consiglio comunale, prima la Margherita poi il Pd. Per fare lì il paladino delle stesse cause, apprezzato per l’impegno generoso e il senso delle istituzioni, e perciò vicepresidente del consiglio sia con la Moratti sia con Pisapia. Oggi che ne è uscito ha avuto da Sala l’incarico gratuito di tenere i rapporti con i Municipi, le nuove forme del decentramento comunale. “La politica? Mi è solo rimasto il dispiacere di non essere riuscito a fare tutto quel che desideravo. Ma tra vincoli burocratici e vincoli di bilancio proprio non ce l’ho fatta”, spiega con fantascientifica modestia.
“Oggi faccio un lavoro bellissimo. Nella Caritas ambrosiana sono alla guida dell’area della povertà alimentare. Vuol dire che coordino gli otto empori con cui l’associazione cerca di realizzare nella diocesi milanese un progetto innovativo di assistenza. Tre sono a Milano: Lambrate, Barona e Niguarda. E cinque fuori: Varese, Garbagnate, Saronno, Cesano Boscone, Molteno.” Spiega. E ha finalmente un lampo di felicità. Racconta di questi empori dove persone e famiglie bisognose trovano aiuto su segnalazione dei centri di ascolto della stessa Caritas. Centinaia e centinaia di casi. La possibilità di “acquistare gratis” il cibo, come in un qualsiasi supermercato, per circa 150-180 euro al mese, con il controvalore della merce che viene di volta in volta scalato su una tessera dedicata.
Un’idea che da qualche anno si è fatta strada nel terzo settore (quello pulito). I destinatari vengono inseriti dentro un progetto più generale di promozione umana, che riguarda la formazione e la ricerca del lavoro, e che ha termini temporali precisi. Brilla l’entusiasmo sul volto dell’Andrea: “E’ un metodo innovativo rispetto al consueto pacco delle parrocchie, il bustone dove si infila quel che ci sta, a volte senza sapere nulla di chi hai davanti, e nemmeno che uso farà di quel gli stai dando. Se lo darà ad altri o la venderà. Noi non esauriamo il bisogno, ma interveniamo nei momenti di difficoltà per alleggerirlo. Riducendo la spesa per il cibo una famiglia magari può permettersi la retta per l’asilo, o si può pagare la bolletta della luce. O non indebitarsi. Si aiutano le persone, se ne valorizza la dignità. Noi dobbiamo svolgere una funzione formativa, non assecondare la cultura assistenzialista”.
Il monsignore fa una pausa. Racconta dei tre figli, di Matteo architetto che ha vinto un posto di capotreno in Ferrovie “e fa un sacco di soldi”.
Torna a parlare però, e non può farne a meno, della sua Elena, professoressa di lettere, storia e geografia in una delle più rinomate scuole medie cittadine, la “Majno”. Per dire come lei negli ultimi due anni abbia lottato e coltivato la speranza scrivendo un libro per Solferino, “Il futuro è il mio mestiere. Lettera di una professoressa a uno studente rimandato”. Poi plana ancora sugli empori, spiega che il cibo arriva dalla grande distribuzione più solidale e anche dalla ristorazione industriale. Descrive gli impacci mentali di chi questo metodo della tessera “non riesce davvero a digerirlo”. E infine, mentre lo accompagno alla sede della Caritas di via San Bernardino, proprio davanti alla nuova lapide di Pinelli, una domanda sottovoce: “ma se parli di me, citi la Elena, per favore?”
(nella foto Andrea con Elena e i figli il giorno del matrimonio di Lucia: “siamo vestiti da cerimonia..però eravamo tutti belli”…)
(scritto su Il Fatto Quotidiano del 6.1.2020)
Nando
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