E chiamatelo Bronx… Quarto Oggiaro e la scuola premiata da Mattarella

Mentre il Paese appare in debito di buon senso, il messaggio di serietà e di spirito costituzionale viene da un quartiere di periferia detto un giorno “il Bronx di Milano”. Ecco dunque a voi Quarto Oggiaro che si fa Stato. Con i suoi insegnanti pionieri, la sua gloriosa biblioteca di quartiere e le sue famiglie di gente qualunque, magari appena giunta in Italia. E’ la storia di una scuola elementare, la “Gherardini”, diventata esempio di pedagogia e di cultura civile. Che il capo dello Stato Sergio Mattarella ha recentemente incluso tra gli “alfieri della Repubblica”, facendone di colpo una delle migliori scuole italiane.
Tutto è nato dall’incontro fra la bibliotecaria Gisa Bianchi e la maestra Carmen Migliorini. La prima promuove ogni anno spettacoli e giochi per i bambini delle elementari e i ragazzini delle medie. Teatro dei burattini (“Una storia partigiana”) per i più piccini, giochi “memory” e tombole per i più grandi. Sempre ispirati agli ideali della Resistenza. Senza retorica ma con originalità, e soprattutto con la partecipazione diretta degli alunni. E in più offrendo, in collaborazione con l’Anpi, le testimonianze dirette di due partigiani, Giovanni Marzona e Lena D’Ambrosio. Succede dunque due anni fa che la maestra porti i suoi scolari della III C a vedere i burattini, e poi ci lavori sopra, progetti anche di fare scrivere loro un libriccino. E che, di fronte a tanto interesse, la bibliotecaria proponga per l’anno successivo anche lo svolgimento dei giochi immaginati per i più grandi.

“Un programma bello corposo”, lo definisce. Si unisce un’altra maestra generosa, Silvia Di Paola. Una tombola (in ricordo dell’“Operazione tombola” sferrata contro i nazisti dalla Brigata Garibaldi e dai paracadutisti britannici) costruita con alcune date significative dell’epopea della Resistenza, dal giorno dello sciopero delle mondine alla liberazione del grande quartiere milanese di Niguarda. E un gioco dell’oca, con le caselle della paura (Gestapo), della speranza (Radio Londra o le biciclette) e della vittoria (25 aprile, ovvio). I bambini giocano attivamente. Partecipano scegliendosi la squadra, brigate Garibaldi, Giustizia e Libertà, Osoppo, i badogliani, si scelgono il comandante e si danno anche dei nomi di battaglia, che spesso coincidono con i loro eroi del bene, tipo Mazinga o Power Rangers. Si entusiasmano per una vicenda storica che nei programmi di scuola nessuno racconterà loro.

Ma il momento più coinvolgente giunge quando Gisa Bianchi, d’accordo con le maestre, decide di raccontare loro le leggi razziali utilizzando l’espediente della messinscena. Un mattino, appena i bambini della IV C arrivano in biblioteca, dice loro che non vuole stranieri nei “suoi” locali. Un bambino allora piange. Gli altri restano interdetti e guardano le maestre per essere difesi dall’ingiustizia. Ma gli adulti sembrano tutti d’accordo. Allora esplode la protesta. La più vigorosa viene da una bambina italiana, “non puoi dirlo, siamo tutti uguali”. Finché arriva la spiegazione. E’ tutto uno scherzo, ma in Italia una volta è successo davvero. E si dà lettura di alcuni articoli della legge del ’38. “Guardi, dopo quell’esperienza, non credo che nessuno di loro diventerà fascista”. Dopo un po’ hanno fatto il libriccino, un centinaio di copie con l’aiuto delle maestre e del Municipio 8, quello di Quarto Oggiaro. E la maestra Migliorini era così orgogliosa del lavoro dei suoi alunni che, quando ha letto del progetto degli “alfieri della Repubblica”, ha spedito tutto al Quirinale. Senza passare né per l’Anpi, né per il comune di Milano, né per la preside. Da semplice maestra elementare. Finché un giorno, nell’incredulità generale, è arrivata la comunicazione ufficiale, “siete tra i vincitori”. Targa dedicata “ai piccoli studiosi della nostra democrazia”. Ed è stata festa grande.

Così l’ex Bronx si è rivelato avanguardia della Repubblica. I bambini, oggi prossimi alla fatidica licenza elementare, “sono gasatissimi” assicura Gisa. Si sono fatti autografare i libretti da Giovanni, uno dei due partigiani (“e questo per loro è stato uno dei fatti più importanti”), Lena nel frattempo se ne è andata. Si porteranno il ricordo di quando hanno mescolato con innocenza i miti della Resistenza e i cartoni animati, e con innocenza hanno scoperto lo sfregio senza fine del razzismo. Con questa specie di 8 settembre che striscia lungo le trincee delle istituzioni, vedere che nel quartiere già chiamato “del degrado e dello spaccio” c’è una bella trincea che funziona, è una consolazione. Credetemi.

(scritto su Il Fatto Quotidiano dell’11.5.20)

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