Ricordo di padre. Intervista di Andrea Galli sul “Corriere della Sera” di oggi

La prima volta che Carlo Alberto dalla Chiesa vide il secondogenito Nando fu in fotografia. Giovane capitano nelle campagne di Corleone – le campagne del banditismo, la Corleone dei settanta delitti di lupara bianca –, era in missione su una Fiat Campagnola quando un attendente gli portò l’immagine del bambino: dalla Chiesa non aveva voluto prendersi una licenza, perché allora lo Stato era già in fortissimo ritardo sulla mafia. L’ultima volta che padre e figlio stettero insieme fu nell’estate del 1982, poco prima dell’assassinio il 3 settembre in via Isidoro Carini, a Palermo, la città della quale il generale dei carabinieri era stato nominato prefetto.  <Trascorremmo insieme due settimane in campagna. Si sentiva a rischio, non protetto, con il terrorismo non era mai stato così. Arrivò da Napoli a Palermo in nave e non c’era nessuno ad attenderlo, lo fecero sbarcare all’alba totalmente solo. Mi parlò dei suoi avversari, fu lì che mi fece il discorso sugli andreottiani che c’erano “dentro fino al collo”. Sembrava un leone in gabbia, cercava appoggi e sostegni al telefono, si sentiva sbattere in faccia porte che si erano sempre aperte subito all’epoca della lotta al terrorismo. Se ne sente traccia anche nella sua ultima intervista a Giorgio Bocca. Non era la normale solitudine dell’uomo di legge con la sua coscienza. Era isolamento, uno struggente isolamento>.

Sulla tomba a Parma del genitore assassinato, trentacinque anni fa Nando giurò di gridare al mondo i nomi degli assassini, difendere la memoria dall’assalto degli sciacalli, tenere vivi gli ideali per i quali il papà era caduto. Un giuramento che ancora onora oggi, con coraggio e ostinazione. Perché trovati e condannati mandanti e assassini, la ricerca della verità non è stata completata. Il tempo trascorre, protagonisti e testimoni stanno scomparendo: quanto margine – quanta speranza – ancora resta? <La giustizia ha fatto il suo corso, e non è stato né poco né senza costi. Cosa Nostra era abituata alle assoluzioni per insufficienza di prove, il rischio massimo era di finire davanti alla prima sezione di Cassazione che, stando ai collaboratori di giustizia, corrispondeva a una pratica certezza di impunità. E’ rimasto fuori dalla sentenza quel che i magistrati hanno chiamato la “convergenza di interessi” o i “mandanti esterni a Cosa Nostra”, su cui pure sono stati avviati filoni di indagini, per ora senza risultati. Io credo però che la verità storico-politica, diciamo meglio la verità morale, sia sotto gli occhi di tutti. Contro mio padre si mobilitò un sistema di potere che si reggeva sull’asse Roma-Palermo e che aveva il suo nucleo politico centrale nella corrente andreottiana>. Lei lo sostenne fin dalle prime ore. <E ne pago ancora il prezzo in termini di censure e pregiudizi. E’ il mio stigma da 35 anni. Ma ce l’ha spiegato con terribile eloquenza la stessa Cupola mafiosa, infuriata per non essere stata protetta nel maxiprocesso come le era stato assicurato. Cosa Nostra si vendicò uccidendo il proconsole andreottiano, Salvo Lima, e Ignazio Salvo, uno dei due potentissimi cugini di Salemi, ovvero i grandi finanziatori della corrente andreottiana in Sicilia. Sempre i collaboratori di giustizia hanno raccontato il proposito di Riina di vendicarsi di Andreotti per la mancata protezione in sede giudiziaria, e anche per avere, “a tradimento”, avallato alcuni provvedimenti suggeriti da Falcone all’allora ministro della Giustizia Martelli>.

Delle indagini, il generale non parlava mai in famiglia. Tranne un’unica volta, quando confessò il pentimento del brigatista Patrizio Peci, un capolavoro centrale per la fine dell’eversione. < Era a casa mia, sul divano. Alla televisione dissero che la lotta al terrorismo sarebbe stata ancora molto lunga. Lui mi annunciò che entro pochi anni ne sarebbero rimaste le frattaglie, usò proprio questa espressione. E aggiunse: “Se sapessero che Peci sta parlando…”. Per i suoi costumi era stranissimo, era davvero anomalo, evidentemente aveva bisogno di manifestare una gioia che si teneva dentro. Se fosse stata ancora viva mia madre forse lo avrebbe detto a lei. Non aggiunse altro. Né io gli chiesi altro. E nemmeno ne parlai con alcuno, nemmeno in famiglia. Si era fidato di me e dovevo meritarmi quella fiducia>.

Carabiniere nell’animo, comandante di raro carisma ma anche, naturalmente, un uomo come tanti: le letture di Topolino, l’Inter allo stadio, i cagnolini cocker. E cos’altro, Nando? <Ricordo le partite a ping pong sul tavolo regolamentare installato per alcuni anni in quella specie di meravigliosa camerata di caserma in cui dormivamo da piccoli io e le mie sorelle. Le canzoni di Celentano e Mina: andava matto per “Azzurro”, gliene regalai un triplice cofanetto di cassette. Lo strepitoso presepe di cui ho conservato le casette e le scale di sughero fatte e dipinte da lui. Le attenzioni che aveva per ciascuno di noi. Quando avevo l’influenza veniva a vedere come stavo, in silenzio, prima di andare a letto, e io facevo finta di dormire. Ma soprattutto la mia tesi di laurea, sulla mafia. Nell’estate del ’70 gli dissi che avevo scelto quel tema, lui stette su una notte e all’indomani mi fece trovare, scritta con la sua stilografica verde, la bibliografia con una serie di appunti per l’indice. Poi non la vide mai più. Arrivò da solo, a sorpresa, per vedermela discutere alla Bocconi>.

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66 commenti

  1. Gli uomini onesti fanno paura e non hanno potuto fare altro che lasciarlo solo , isolarlo affinché potessero ucciderlo altri per mano loro . Assassini vigliacchi. Ma le persone oneste non muoiono mai, rimangono per sempre nel cuore e nella mente delle persone che li hanno stimati e amati quando erano in vita

  2. Penso non esistano parole per confortare un figlio che ha perso il padre, in questo modo poi!
    Viene tanta amarezza e rabbia leggendo queste verità, cresce la consapevolezza di non potersi fidare di nessuno, se non di persone come il Generale Dalla Chiesa, o Falcone, Borsellino e i tanti che hanno sacrificato la vita credendo in uno Stato che non ha saputo e voluto difenderli.
    Onore a loro!

  3. Sono stata lo scorso anno a portare un fiore sulla tomba di un grande uomo. Era il giorno successivo a quello del ricordo delle vittime di mafia e credo che nessuno se ne fosse ricordato.

  4. Tutti ne sono convinti. Così come sono convinta che Aldo Moro sia stato ucciso per volere della stessa area politica con il concorso della CIA. Tutte le tragedie che non trovano colpevoli nascondono lo zampino di qualche potere forte.

    • In alcuni casi ci sono anche le prove e sentenze; purtroppo alcuni reati sono stati prescritti e alcuni comportamenti quando furono commessi non erano configurati come reati.

  5. Ciao Nando. Continuiamo a lavorare per i giovani e per il loro futuro. Così le mafie quelle evidenti e quelle nascoste continueranno ad essere sconfitte

  6. Un grazie di cuore per il tuo instancabile impegno sociale nella vera lotta che, ognuno di noi “nel suo piccolo” può e deve fare, per estirpare dalle radici mafia e corruzione.

  7. non c’e’ alcun dubbio che mandare in Sicilia senza poteri veri e speciali il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fu operazione preliminare in concorso con Cosa nostra e chiaramente allora il connubio Gelli,Andreotti, Riina-Povenzano era al massimo.Cosi’ sara’ per Giovanni Falcone portato a Roma dal governo dei tangentopolisti Andreotti,Martelli etc…dietro cui si preparava Berlusconi in sostituzione di Gelli-Andreotti dopo l’omicidio Lima fu ancora un tentato golpe…

    • PENSO che la linea PIÙ probabile di VERITÀ sia PROPRIO QUESTA !! Quello che SOPRA OGNI COSA,dispiaccia,è il fatto del trasferimento a PALERMO,( l’inganno del POTERE…far finta di mettere a posto i ” problemi di QUELLA CITTÀ’)… che. Di x SE nn ha colpa!! QUESTO LO HA capito BENE,SUA sorella,che in QUESTA CITTÀ,VIENE SEMPRE !!♡

  8. Anche senza “prove e confessioni” , ogni onesto cittadino italiano , minimamente dotato di un po’ di materia grigia e senso critico, conosce in cuor suo, il nome e cognome di chi sono i responsabili civili e morali , (mandanti) sia della morte del Generale che dei Poliziotti, Magistrati e civili uccisi dal 12/12/1968 ad oggi…

  9. Uno dei tanti misteri italiani in cui gli interessi di un certo ceto politico si intrecciano con quelli della mafia. Credo che sia la regola che si spediscono gli eroi solitari a soccombere per mano di mafia,liberandosi di personaggi non allineati col sistema e integgerimi. Ecco perché in Italia la criminalità organizzata vive e vegeta,perché ha dei gangli nello stato

  10. verissimo, gli esecutorii furono di stampo mafioso, ma i mandanti NO,ha dato fastidio a chi era molto in alto, o aveva scoperto qualcosa di molto scottante.

  11. claudia2016

    Ricordo sempre con commozione e grande stima il Generale Dalla Chiesa. Due settimane fa ho letto “Un papà con gli alamari”, un ritratto coinvolgente e affettuoso del Generale, ricco di riflessioni e molto profondo.
    La ricerca della verità non deve mai fermarsi.

  12. Le stragi e gli omicidi particolari sono sempre dello stato meglio dello stato deviato. Un saluto al mio Generale grande persona ,lo ricordero’ sempre.

  13. Ringrazio il giornalista. Splendido articolo. Complimenti Nando, hai avuto un padre speciale, che ha dato anche se stesso per gli ideali in cui credeva. Non verrà mai dimenticato. Un abbraccio.

  14. Nico

    Un grande Carabiniere che è stato d’esempio per tutti noi e ci dà la forza di continuare ad andare avanti .

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